la Repubblica, 5 dicembre 2015
L’inutile discussione sullo 0,1 per cento
È stata breve (un paio di giorni al massimo) ma molto accesa la disputa politico/mediatica sullo 0,1 per cento in meno della ripresa economica rispetto alle previsioni del governo. Essendo una variazione dello 0,1 per cento non tale da costituire un torto, ma nemmeno da rafforzare una ragione, toni e volumi della discussione sono sembrati il classico spreco. Scusandomi del mio semianalfabetismo economico, mi permetto di dire questo: l’intera discussione sullo stato di salute della società è inchiodata a cifre e cifrette che corrono sempre sullo stesso monotono binario. Se la passione e l’asprezza scatenati da quell’impercettibile 0,1 fossero spese per litigare su ben altro (un solo esempio: in quali opere pubbliche investire il denaro della collettività, perché riparare il territorio oppure cementificarlo è una scelta che, lei sì, cambia radicalmente il nostro destino, non solo economico), non sarebbe più interessante? Prosciugata la fantasia della politica, ipnotizzati i media dalla moina governativa e dalla contromoina antigovernativa, quando è che torneremo a discutere veramente del nostro modo di vivere e di produrre (sarebbe quello l’oggetto della politica, no?) e dunque a litigare sulla sostanza delle cose? Come è possibile che uno 0,1 per cento in su o in giù lungo un percorso così logoro possa incendiare gli animi? Cosa cambia?