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 2015  dicembre 05 Sabato calendario

Dobbiamo bombardare anche in Libia?

Ieri l’Eliseo, la presidenza francese, ha informato che aerei militari hanno effettuato voli di ricognizione su Sirte e Tobruk il 21 e il 22 novembre. Tutti sanno che tutti i paesi, anche l’Italia, con droni, aerei e satelliti, da mesi raccolgono informazioni sulla Libia. E quindi tutti sanno che anche la Francia lo fa, e che lo fa perfino con uomini, con militari che sono già a terra, partendo dalle basi in Niger, Ciad e Mali, che controllano quello che avviene nel Fezzan e nelle regioni più meridionali della Libia. Ma perché allora Parigi oggi rende nota questa sua attività, perfino con le date dei voli? Soltanto per rassicurare la sua opinione pubblica? Per far capire che anche in Libia si è pronti a colpire lo Stato islamico? Oppure sono i primi segnali di una operazione militare che presto la Francia potrebbe far partire in solitario?Una cosa è certa: in Libia l’Is si è rafforzato poderosamente negli ultimi mesi. Secondo Lorenzo Carlino, un senior analist dell’IHS (l’ex gruppo Jane’s) di Londra «oggi lo Stato islamico in Libia può contare su 3/4.000 miliziani, controllano in toto Sirte, Hawarah, Nawfalia, il che significa che controllano un lungo tratto della coastal highway. Poi sono presenti in forze a Bengasi, dove di fatto hanno sostituito Ansar Al Sharia come forza jihadista principale che combatte le truppe del generale Haftar, e sono a Derna dove Abu Salim e i rivoluzionari pro-Al Qaeda non sono riusciti ancora ad allontanarli definitivamente».Ma l’Is sta anche pianificando un nuovo assalto a un centro che potrebbe rafforzare la sua presenza in tutta la Libia centro- orientale. E in questo le notizie da Londra corrispondono a quelle dell’Aise, i servizi di sicurezza italiani. Da settimane i killer dell’Is hanno iniziato ad uccidere leader e capi militari avversari ad Agedabia, la piccola cittadina a pochi chilometri dalla costa, più o meno a metà strada fra Sirte e Bengasi. Agedabia è uno snodo importante nella zona più ricca di petrolio della Libia; è a pochi chilometri da pozzi, oleodotti e porti di imbarco, è sulla strada per Bengasi ed è in collegamento con il Sud del paese, con le rotte che arrivano da Sudan, Ciad, Niger.«In questo contesto il 3 ottobre scorso Mohamed Hassoun Mughrabi, comandante di una unità della brigata 302 dell’esercito libico è stato ucciso assieme a un collaboratore dopo aver partecipato a una riunione sulla sicurezza in città», scrivono gli analisti dell’Aise. È solo uno in una lunga serie di assassinii mirati. Sono stati colpiti Salah Al Mascheti, della “shura” (il “consiglio comunale”) di Agedabia; poi l’imam Saleh Rahil, professore dell’università di Bengasi e componente del Dipartimento di Alti studi islamici. Poi il capo del servizio di intelligence militare di Agedabia, il colonnello Ateya Al Oreibi; il farmacista e imam salafita Faraj Al Aribi. Lo sceicco salafita Mahmoud Bourawi al Hamal, assassinato con un’autobomba accanto al Palazzo dei Fatimidi di Agedabia.Se l’Is riuscirà a consolidarsi ad Agedabia, le sue possibilità di rifornire i miliziani che combattono a Bengasi saranno molto più alte. Fino ad oggi i due “capoluoghi” del movimento erano Derna e Sirte. Quest’ultima era la città natale di Gheddafi, la “capitale” della sua tribù; una città trascurata e perseguitata dai rivoluzionari nel 2011.Già a marzo gli uomini dell’Is occupavano alcuni quartieri, un centro congressi, la radio, un tribunale. Adesso la città è completamente in mano all’Is: i media libici riferiscono che ieri per la prima volta i “cuccioli del Califfo” hanno sfilato per le strade della città per festeggiare il loro diploma. Sono 85 ragazzini fino a 16 anni addestrati per diventare kamikaze, istruiti all’uso delle armi e delle autobombe.Ancora da Sirte un altro pericolo: in qualche base aerea i miliziani dell’Is avrebbero rimesso in funzione dei simulatori di volo e secondo il giornale saudita Asharq al- Awsat «i jihadisti si starebbero addestrando nelle tecniche di decollo, atterraggio e nelle comunicazioni con la torre di controllo». Fra tante notizie confermate da più fonti, questa non lo è per nulla, ma contribuisce a creare quel clima di equivoco, doppio gioco che allarga la paura in maniera incontrollabile. «Mettendo in fila fatti ed elementi vari», ragiona però Carlino, «ho quasi la sensazione che i capi dell’Is vogliano come strafare in Libia, come se volessero provocare, per attirarsi addosso le forze che adesso li combattono in Iraq e per dividerle. Vogliono agire in un paese che è ancora nel caos, che non ha un esercito locale, i suoi “peshmerga”». Confermano il loro spirito criminale e suicida, lo Stato islamico continuerà a provocare, ad alimentare il caos in Libia. Per farne sempre più il secondo “hub” del Califfato di Raqqa.