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 2015  dicembre 04 Venerdì calendario

Bergoglio critico d’arte. Un libro sorprendente

Questo Papa ne sa una più di Sgarbi. È l’impressione che ho ricavato dai primi capitoli di La mia idea di arte (pagg. 102, euro 16), libro Mondadori che racchiude il pensiero di Papa Francesco sull’arte figurativa. Poi però, proseguendo nella lettura, mi sono ripreso: non è umanamente possibile che il Santo Padre, privo di studi specifici e ogni giorno impegnato nel governo della poco governabile Chiesa mondiale, conosca le opere contenute nei Musei Vaticani così in dettaglio. La stesura materiale del testo sarà stata di Tiziana Lupi, biografa bergogliana e collaboratrice di Avvenire lealmente citata in copertina, e molte informazioni si dovranno allo storico dell’arte Sandro Barbagallo, evocato nella nota finale.
Chiunque ci abbia messo mano, è un libro 100% Bergoglio in cui l’arte è piegata alle finalità evangelizzatrici con lo stile pastorale proprio del pontefice regnante. Chi crede nell’autonomia dell’arte è invitato a lasciar perdere. Anche chi pensa che Papa Francesco sia un sincero democratico. Nel libro circola, non c’è bisogno di avere letto Pascal per annusarla, un’atmosfera gesuitica e quindi gerarchica e quindi militare, oltre alla nota avversione bergogliana nei confronti del lusso: «Qual è la sporcizia più brutta? È il dio denaro, che ci fa anche trascurare il creato e ci allontana dalla fede».
Mi tocca il ruolo ingrato del realista e ricordare che non uno dei capolavori illustrati nel libro sarebbe esistito senza l’esistenza del denaro, senza i committenti che nel corso dei secoli li commissionarono ad artisti forse non sempre devoti ma certo sempre bramosi di pecunia. Dalla prima all’ultima pagina ciò che conta per Papa Francesco è la capacità dell’arte di contrastare «la cultura dello scarto, dell’esclusione». E tutto, pitture, sculture, perfino obelischi, viene osservato attraverso questa peculiarissima lente interpretativa. Nel tempo in cui la critica d’arte langue orfana del metodo e in cui gli unici criteri di valutazione sembrano essere i risultati d’asta emerge un metodo Bergoglio, cristiano e sociologico, opinabile ma forse rigenerante. Il Torso del Belvedere viene considerato importante proprio in quanto «sorta di scarto marmoreo» e qui il Francesco sembra criticare un grande collega, Giulio II, che avrebbe voluto ricostruire le parti mancanti ossia la testa e gli arti, e dare ragione a Michelangelo, bergogliano ante litteram che si rifiutò di metterci mano. È lo stesso Buonarroti che qualche capitolo dopo viene elogiato perché dipingendo il Cristo del Giudizio universale ha riciclato opere d’arte preesistenti. Per la testa ha usato l’Apollo del Belvedere, per il braccio alzato il Laocoonte, per il tronco il succitato Torso: «L’arte non scarta ma ricicla nobilitando, al punto di utilizzare immagini pagane per rappresentare la bellezza della maestà di Cristo». Numerosi sono nel libro i casi di materiali artistici pagani riutilizzati per opere d’arte cristiane: l’obelisco di piazza San Pietro, la statua bronzea di San Pietro collocata all’interno dell’omonima basilica, la dea Iside che allattando diventa quasi una Madonna, la volta della vaticana Sala di Costantino dove «sul piedistallo che ospitava prima Mercurio, adesso si erge solitario un crocefisso». Ha un bel dire il Papa, o chi per esso, che i Musei Vaticani dovrebbero «essere uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni». L’idea di arte contenuta in La mia idea di arte smentisce simili affermazioni perché anziché al confronto punta all’affermazione di una precisa visione del mondo. A me piace e dovrebbe piacere anche ai miei amici tradizionalisti (se non sedevacantisti) che accusano Bergoglio di indifferentismo (se non di ateismo). Papa Francesco nel libro non fa sconti, non carezza la bestia dell’arte contemporanea dalla parte del pelo, e con grande franchezza tranquillamente afferma che gli artisti devono mettersi al servizio di qualcosa di più grande di loro e non del proprio post duchampiano ombelico.Nel libro viene dato spazio anche all’opera di Alejandro Marmo, artista che assembla materiali di scarto per farne Crocifissi e Madonne. Il palermitano Laboratorio Saccardi partendo da analoghe premesse ha realizzato sculture più guardabili però non voglio infierire, chiaramente si tratta di un caso di tifo, (Marmo è argentino come Bergoglio), e il tifo non si discute.