Libero, 4 dicembre 2015
Ritratto di Francesca Balzani, la vice di Pisapia che dà fastidio a Renzi
Balzani, chi era costei? Francesca Balzani – l’anima tassaiola di Vincenzo Visco nell’esile corpo di Mary Poppins – ieri ha pubblicamente sconquassato il Pd con un sussurro: «Io sindaco? Inutile nasconderlo, ci sto pensando...». Matteo Renzi, fan di Beppe Sala, è trasalito.
Balzani, con quel suo gioioso sorriso da esattore, è la donna del giorno. L’assessora al Bilancio per chiamata e vicesindaco per caso del Comune di Milano dopo il brusco addio della collega Ada De Cesaris, una volta ottenuto il tiratissimo via libera del premier, ora potrebbe candidarsi alle Primarie del centrosinistra che battezzeranno il candidato sindaco della città. «E potrebbe vincerle, sai: alle Primarie qui a Milano votano sempre i soliti 80mila, e sono quasi tutti incazzati e antirenziani...», ci confida il sondaggista Alessandro Amadori. Amadori canna di rado. Per questo Renzi teme le Primarie e l’ennesima spaccatura nel partito. E, in effetti, la Balzani, ex cofferatiana con una propensione per il sociale e i conti in nero (conti in attivo: ha svenato i milanesi però, rispetto al predecessore Tabacci il suo bilancio regge), di renziano non ha nulla. Anzi. Ieri, col solito sorrisetto alla Mary Poppins, aveva già affossato il concorrente Sala definendone lo slogan elettorale («Non la Milano da bere per pochi ma la Milano da vivere per tutti») «un po’ vintage...». Non ha detto «è terribile», ha detto proprio «vintage». Una pugnalata gentile all’ex uomo Expo, roba che ha insufflato nel pigmalione Giuliano Pisapia un brivido quasi sessuale. Balzani, 49 anni, di Genova – ma ovviamente ammaliata da Milano – all’apparenza vive sotto la cresta dell’onda. Never complain never explain, mai lamentarsi mai giustificarsi pare il suo motto d’ascendenza diplomatica. Motto adottato sia quand’era eurodeputata e s’occupava della salvaguardia delle acciaierie di Terni, o del trattato di Ginevra sul commercio delle banane, o del «Vergonognoso recepimento italiano della normativa europea sugli animali domestici»(sic); sia quando dopo, da assessore, promettendo tagli alle spese e abbassamento delle tasse ha fatto esattamente il contrario aumentando l’Imu e gli abbonamenti di bus, piscine, musei. Ma l’ha fatto sciorinando pirotecnìe contabili tali da fiaccare qualsisi controrelatore. Stesso atteggiamento quando si trattava di fare la faticosa spola tra Milano e Palazzo Chigi per ottenere i benedetti fondi Expo.
Balzani è avvocato tributarista della scuola di Victor Ukmar, ha un marito anch’egli giurista e tre figli sapientemente divisi tra scuole pubbliche e private; abita in centro città ma non disdegna la frequentazione delle periferie; decide sempre lei ma si vanta di aver attivato per prima i «bilanci partecipativi» tra i cittadini sul modello parigino: si prende una quota minima del bilancio, 9 milioni, e si chiede alla gente come spenderli attraverso questionari. Nessuno ha ancora capito bene come funziona il meccanismo dei partecipativi, ma detto così fa molto figo ed è molto social. Balzani, per natura, tenderebbe ad un inconsueto equilibrio moroteo. Per dire, a chi gli rimarcava la sua genovesità forse inadeguata per fare il sindaco a Milano, lei ribatteva: «Ma io ho tante città del cuore, ho vissuto anche a Roma e a Buenos Aires. Ma sono sincera: vivo bene a Milano e non tornerei a Genova», appunto.
Balzani possiede una timidezza letteraria. Pochi sanno che ha mantenuto il doppio incarico a Bruxelles fino al maggio 2014; o che la sua candidatura – quando si dice il «candidato a tavolino» – è il frutto di una cena un tantino radical chic tra i coniugi Pisapia, il di lui capo di gabinetto Maurizio Baruffi, la sociologa Francesca Zajczyk, il redivivo Gad Lerner e l’avvocato Mario Fezzi. Sinistra ottimata e antirenziana con la cupio dissolvi per il Partito della Nazione. Pochi sanno tutto ciò semplicemente perché Balzani tende, con verecondia, a non concedere a terzi il proprio privato. Il suo timore per la pubblica piazza risulta pari solo a quello per gli aerei. In questo è la propaggine filosofica dello stesso Pisapia, il suo alter ego. Sussurrato lui, sussurrata lei. In più, Balzani va in bici, è molto di sinistra e portata alla trasparenza e alla condivisione totale di programmi elettorali, praticamente una donna in sharing: «Non voglio essere divisiva, il mio ruolo è tenere unita la squadra, candidarmi non è nei miei programmi», ha sempre affermato. E anche ieri, prima della domanda sulla candidatura, premetteva sospirando: «Finché non si ha tutto il panorama dei candidati non si può decidere». Ma se dice che non si può decidere vuol dire che la Mary Poppins cassazionista ha già deciso...