Il Messaggero, 4 dicembre 2015
Altre quattro ragazze denunciano il trentenne romano sieropositivo
Chi si è presentata in procura da sola. Chi accompagnata dalla mamma o dal fidanzato. Tutte in lacrime e legate dallo stesso terrore, una di loro sa già di essere sieropositiva, le altre aspettano il risultato del test o sono venute solo per capire meglio e decidere se farlo. Quattro giovani donne ieri, alla spicciolata, si sono recate a piazzale Clodio, a Roma, per raccontare le intimità vissute con Valentino T., il trentenne sieropositivo che prometteva amore o giochi erotici, senza rivelare la sua sieropositivà, tanto da finire in carcere con l’accusa di lesioni gravissime. Un Valentino, che in barba al suo nome, ha seminato il virus dell’Hiv infettando le sue partner. Sei di loro, citate nell’ordinanza che l’ha portato in carcere la scorsa settimana, stanno facendo i conti con lo spettro dell’infezione.
I VERBALI
Una di loro ha già ricevuto i risultati. Per ora ha solo contattato gli investigatori, si è presa qualche giorno per rendere un verbale più compiuto in cui racconta i dettagli. «Ho fatto il test», ha raccontato, «E purtroppo sono risultata positiva. Chiedeva intimità non protette, perché così preferiva, ed io non sospettavo minimamente il suo segreto». La relazione con Valentino, tra l’altro, è recentissima: è avvenuta nel corso dell’estate, sempre con le solite modalità. Una chat, poi gli incontri, le promesse d’amore eterno. A tutte, ripeteva la stessa frase: «Sei l’unico amore della mia vita». In realtà Valentino aveva una relazione stabile con una ragazza che gli è rimasta accanto in tutti questi anni, con la quale aveva rapporti protetti (e infatti è negativa al test). L’unica che lo difende e non crede alle accuse messe nero su bianco dal nucleo di Pg della Polizia di stato a piazzale Clodio.
Le altre tre invece si sottoporranno al test nei prossimi giorni. Anche loro hanno spiegato le modalità dei rapporti con il giovane impiegato. «Era giovane e curato. Nessun vizio», ha raccontato un’altra giovane, «Tranne quello di una sessualità molto passionale che non pensavo potesse nascondere l’incubo dell’Hiv». «A me lo aveva escluso», ha specificato su domanda una delle giovani, «Ci eravamo conosciuti in chat e quindi non sapevo nulla di lui».
LE ACCUSE
L’incriminazione del presunto untore romano potrebbe aggravarsi, proprio mentre il suo legale, l’avvocato Giuseppe Minutoli, punta alla revoca della misura della custodia cautelare in carcere per quella domiciliare con un ricorso al tribunale del Riesame. In carcere infatti Valentino T. non si sente tranquillo. «Non ha mai avuto problemi con la giustizia», racconta chi lo conosce bene, «È un ragazzo perbene. Anche lui a vent’anni è stato contagiato ma visto che la malattia non si è mai sviluppata si sentiva tranquillo». Il pm Francesco Maria Scavo e la pg della polizia di stato interna alla procura intanto stanno scartabellando le agendine e le memorie dei telefonini di Valentino per risalire ad altre partner. ««La elevatissima probabilità che ad infettare le odierne persone offese sia stato Valentino T.», aveva scritto il gip Alessandro Arturi, «si fonda, tra l’altro, sull’identità genotipica riscontrata nei ceppi virali presenti nell’indagato e nelle vittime».