il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2015
Sulla transumanza dei parlamentari: potremmo arrivare a 700 cambi di casacca su 945 eletti
Mentre scriviamo, ore 19 del 3 dicembre, dovrebbero essere 329, cioè ben più di un terzo, i parlamentari che han cambiato casacca in due anni e mezzo di legislatura: un gran progresso rispetto ai 261 della precedente, durata però di cinque anni. La media dei trasvolatori, dunque, è più che raddoppiata. Se la transumanza tiene il ritmo, alla fine potrebbe coinvolgere 700 eletti su 945: oltre i due terzi. L’ultimo uccello migratore (ma non garantiamo sui voli notturni last minute) è il professor Gaetano Quagliariello, che ha lasciato Ncd per piantare a Palazzo Madama la bandierina di Corrado Passera e del suo movimento che, per chi non lo sapesse (cioè tutti), si chiama Italia Unica. Unica nel senso che al Senato c’è solo Quagliariello, mentre alla Camera c’è l’ex Pd Guglielmo Vaccaro. Già il fatto che un Passera sia rappresentato da un Vaccaro e un Quagliariello metterà di buonumore il Wwf e soprattutto la Lipu. Ma, a proposito di risate, c’è pure il metodo scelto dal prof: aderire a Italia Unica senza aderirvi (teme la solitudine), fondando un altro movimento chiamato Idea che però non vuol dire idea, ma “identità e azione”, con altri 7 profughi da Ncd (c’è pure Giovanardi, per dire).
La mission è creare, senza fretta, “un’alternativa a Renzi, a Grillo e al vecchio centrodestra” con “un aggregatore, non un nuovo partito”. Però tranquilli: garantisce a Italia Unica “ottimi rapporti di buon vicinato”, anche se l’appartamento è affittato per un mese soltanto e l’Ape Piaggio del robivecchi si è prudenzialmente trattenuta sottocasa in vista di nuovi, prevedibili traslochi. Passera e Quaglia dicono, anzi urlano a una sola voce “basta populismi, estremismi e renzismi”. E a quel “basta” così perentorio tutti i populisti, gli estremisti e i renzisti cominciano a tremare. Quaglia non avverte alcun conflitto con gli elettori berlusconiani che lo elessero (si fa per dire) nel 2013, anzi: “Non bisogna fare sempre ciò che vogliono gli elettori, bisogna essere fedeli a se stessi”. Se è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, a lui Einstein gli fa una pippa. Napoletano, classe 1960, il giovin Gaetano s’iscrisse al Partito radicale, fino ai gradi di vicesegretario nazionale. Era abortista e antimilitarista sfegatato, ma soprattutto grande sponsor della biocard, il testamento biologico che prevedeva il rifiuto dell’idratazione forzata. Infatti, sempre per restare fedele a se stesso, oggi è antiabortista, militarista e – sul fine-vita – un filino più bigotto del Vaticano.
Quando Napolitano rigettò il famigerato decreto B. che costringeva i medici a ripristinare a Eluana Englaro l’idratazione forzata, sbraitò come un ossesso in Parlamento: “Eluana non è morta, l’avete assassinata!”.
Nel frattempo, nel ’94, si era iscritto a Forza Italia, spiegando che lo faceva da vero liberale sull’esempio di Gladstone e di Churchill (i poveretti, ignari di tutto, non poterono smentirlo). Lì incontrò Marcello Pera, noto epistemologo lucchese inopinatamente approdato alla presidenza del Senato, che ne fece il suo portaborse di lusso: pardon, il suo “consigliere per gli affari culturali”. E lo piazzò al vertice della fondazione Magna Charta, soprattutto magna, come fu chiaro negli anni successivi quando il Quaglia, sbarcato in Senato nel 2006, fece di tutto per magnarsi la Carta costituzionale: combattendo i diritti civili e patrocinando e votando tutte le leggi vergogna per salvare B. dai processi: il lodo Alfano-bis, il processo breve e il ripristino dell’impunità parlamentare, fortunatamente abortiti, recavano il suo fondamentale zampino. Quando Fini propose di cacciare gl’inquisiti dal Pdl, lui tuonò: “Chi si scaglia contro i colleghi in difficoltà fa venir meno la solidarietà interna e indebolisce il partito”, da lui concepito più o meno come una cosca. Quando Cuffaro finì in galera, lo elogiò “per la scelta compiuta”, come se ci fosse andato volontariamente e non ce l’avesse spedito la Cassazione.
Memorabile, nel 2007, la sua lectio magistralis al convegno della Fondazione Liberal sul pensiero e l’opera di Silvio Berlusconi. Imperiture, nel 2009, le sue lezioni di politica (con altri cattedratici del calibro di Bocchino, Frattini, Mauro e Brunetta) alle veline che B. voleva candidare alle Europee, poi ritirate quando Veronica Lario le definì “ciarpame senza pudore”. Una delle più studiose, Angela Sozio, meglio nota come “la rossa del Grande Fratello”, fu risarcita del mancato seggio con un posto sulle ginocchia del Cainano a Villa Certosa e con uno di “stagista” a L’Occidentale, rivista culturale della Magna Charta quagliariella. Turboberlusconiano fino alla condanna di B., Gaetano chiamò “farisea” Famiglia Cristiana che chiedeva le dimissioni di B. per lo scandalo Ruby. E nel maggio 2013, “saggio” napolitano per le Riforme e neoministro delle medesime nel governo Letta, presenziò a Brescia alla gazzarra Pdl antigiudici. Poi B. fu condannato. Quagliariello prima invocò la grazia per il povero martire, poi si dimise da ministro con tutti gli alfanidi, infine si dissociò da se stesso e tornò ministro uscendo dal Pdl per cofondare il partito della poltrona, detto anche Ncd. Appoggiò Letta poi Renzi, che però non lo confermò ministro. Lui votò tutto, incluso l’Italicum, ma appena questo divenne legge già voleva cambiarlo. Accusava gli altri Ncd, tutti ministri, di essere “filogovernativi”, mentre lui, non essendo più ministro, lo è molto meno. Così ora se ne va. Per restare fedele a se stesso. Fosse un altro, si direbbe l’ultimo salto della Quaglia. Trattandosi di lui, è senz’altro il penultimo.