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 2015  dicembre 04 Venerdì calendario

Processo all’atletica: a rischio i titoli vinti dai 26 azzurri accusati di doping

Ora che la procura antidoping del Coni ha fatto le sue mosse, l’atletica italiana prova a non finire fuori pista. Ventisei sono, o meglio sarebbero, gli azzurri che per l’ufficio del pm sportivo Tammaro Maiello hanno eluso i controlli: medagliati olimpici e non, potrebbero ritrovarsi già il prossimo febbraio dentro ad un maxi processo mai visto per la regina delle discipline. Sul banco degli imputati ci sono atleti indignati, scossi, pronti a lasciare, ma convinti della propria innocenza. Il punto di partenza, adesso, è chiedersi se le pesanti accuse avranno la forza di reggere al giudizio della corte. O, più precisamente, capire quanti, e quali, margini di manovra possono avere le tesi difensive per cancellare, o annacquare, le richieste di pena di due anni di squalifica per ogni atleta coinvolto. In gioco c’è molto, moltissimo perchè, ad agosto, il mondo avrà occhi solo per i Giochi di Rio e, a Rio, rischia di andare una nazionale di atletica dimezzata.
L’atto di accusa
Il deferimento (il rinvio a giudizio della giustizia sportiva) parte da motivazioni che possono offrire alle difese argomentazioni comuni. Qual è il confine temporale che trasforma il ritardo nel comunicare la reperibilità per i controlli (in questi casi è stata chiesta l’archiviazione) in elusione dei controlli stessi? Dall’atto di accusa sembra di capire che è stata proprio l’ampiezza della non reperibilità a mandare a processo i singoli atleti: l’elusione, possono sostenere le difese, è un atto di sottrazione volontaria al momento in cui l’ispettore bussa alla porta di casa, mentre il ritardo nel comunicare la propria reperibilità può nascere da tanti altri fattori. Dato per scontato, ma va ribadito con fermezza, che non stiamo parlando di situazioni legate a positività, per il procuratore antidoping non comunicare in tempo per almeno quattro volte la reperibilità è come sottrarsi ai controlli per un terzo, o più, della stagione agonistica. Per gli accusati, può trattarsi di leggerezza o poca chiarezza nei sistemi di comunicazione in vigore quattro anni fa.
A febbraio ventisei azzurri saranno chiamati a difendersi e a difendere i propri successi. Quest’ultimi potrebbero essere messi in discussione se, al termine della requisitoria, o anche in calce alle motivazioni di un’eventuale condanna del tribunale, entrasse in scena la retroattività. I fatti risalgono all’arco temporale racchiuso fra il 2011 ed il 2012 e, in caso di una sentenza non assolutoria e retroattiva, a quelle due stagione bisognerebbe riportare le varie squalifiche. Tradotto? Se questa fosse la fine della storia, comunque poco chiara e negativa per l’atletica azzurra, chi ha in mente di volare a Rio avrebbe il posto salvo, ma qualche medaglia in bacheca in meno (solo per fare un esempio, il triplista Fabrizio Donato, bronzo a Londra 2012, perderebbe il riconoscimento). 
Altre discipline coinvolte?
I giudici del tribunale nazionale antidoping leggono le carte. Carte che, in procura antidoping da tempo, raccontano di almeno 200 atleti citati oltre a quelli dell’atletica azzurra: sport invernali, ciclismo, nuoto, tennis e scherma potrebbero esserne coinvolti. Ma prima servirà scoprire che cosa accadrà alla regina delle discipline sportive.