Chi, 2 dicembre 2015
La relazione proibita tra Edith Piaf e Marcel Cerdan, una storia d’amore e morte
Il 19 dicembre ricorrono 100 anni della nascita di Édith Piaf, celeberrima cantante francese, autrice e interprete di La vie en rose, una delle canzoni più amate nel mondo. La Piaf, il cui vero nome era Édith Giovanna Gassion, la scrisse nel 1945, quando l’Europa era sono le macerie della guerra appena terminata. Édith Piaf, aveva 29 anni e un’esistenza alle spalle tra le più infelici che si possano immaginare. Era ferita nel fisico e nell’animo da incidenti, malattie, interventi chirurgici, un tentativo di suicidio. Ma continuava a sognare, e in quella canzone tracciò il ritratto dell’uomo che avrebbe voluto amare:
Occhi che fanno abbassare i miei
Un ridere che si perde nella sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Quando mi prende fra le braccia
Mi parla a bassa voce
Vedo la vita tutta rosa.
Un sogno. Il sogno che la teneva in vita e che le permetteva di sopportare tutto il dolore subito. Poco più di due anni dopo, il desiderio si avvera: incontra Marcel Cerdan, pugile tra i più grandi di tutti i tempi. E la sua esistenza disperata diventa una favola meravigliosa.
Ma il sogno, come tutti quelli che si rispettino, fu breve: durò poco più di un anno, poi si spense tragicamente. Quella brevissima storia d’amore è entrata nella leggenda, raccontata in articoli, in libri e, nel 2007, anche in un film (La vie en rose, ovviamente) che vinse due Premi Oscar.
Tutto cominciò la sera del 14 gennaio 1948. Édith Piaf cantava nel club Le Versailles di New York, dove eseguì, come sempre nei suoi concerti, La vie en rose. In sala c’erano artisti e personalità: tra questi, Marcel Cerdan, pugile tra i più celebrali. Glielo presentarono e fu amore a prima vista. I due non si conoscevano. Appartenevano a mondi completamente diversi. Lei era piccola, ossuta, sofferente, malata. Era affettuosamente chiamata dal pubblico e dai giornali “passerotto”. Poteva suscitare tenerezza, ammirazione per la sua fama artistica, non certo attrazione fisica. Marcel aveva un fisico scultoreo. Era corteggiato dalle donne più belle. Era sposato, aveva due figli (il terzo sarebbe nato il primo ottobre dell’anno successivo), era molto legato alla famiglia e non si lasciava coinvolgere in avventure.
In quell’incontro, Édith fu ammaliata dalla prestanza fisica di Marcel, e lui fu conquistato dalla tenerezza che Édith ispirava. Tra loro scoppiò un amore immediato e irresistibile, alimentato probabilmente dalle esperienze interiori che tutti e due si portavano dentro. Un mondo di sacrifici, che aveva lasciato cicatrici sanguinanti, e che li legava nel dolore. Édith era figlia della strada: il padre era contorsionista e la madre, Annetta, italiana di origine, cantava agli angoli delle vie. E si prostituiva: si dice abbia partorito Édith sotto un lampione, assistita da un poliziotto.
Marcel Cerdan aveva anch’egli il cuore e l’animo costellati di ferite. Suo padre, macellaio, ex pugile, era un uomo grezzo che educava i figli a cinghiate. Marcel a otto anni era già sul ring. Crebbe con una disciplina ferrea, senza mai conoscere giochi o divertimenti. La sua ascesa fu veloce e impressionante. Vinceva sempre. Conquistò tutti i titoli della sua categoria fino a diventare campione mondiale. Metteva ko gli avversari, ma, essendo una persona generosa, si precipitava su di loro per aiutarli a rialzarsi, assicurandosi che stessero bene. Aiutava le famiglie dei colleghi sfortunati. Era un uomo dal cuore d’oro.
Fu questa sua sensibilità a farlo entrare in sintonia con Édith Piaf. Si incontrarono, cenarono insieme e si innamorarono. Marcel rimase affascinato non dalla fama di Édith, ma dal suo cuore. Nacque un legame immediato, fortissimo, come se fosse sempre esistito. E diventò subito un legame doloroso. Le professioni e contratti che avevano entrambi, impedivano loro di disporre liberamente del proprio tempo. Erano costretti a vivere lontani. E il loro sentimento si esprimeva in una fittissima e straziante corrispondenza. Lettere piene di passione sofferente, che sono state poi raccolte in un libro dal titolo Moi pour toi. Appena potevano, intraprendevano viaggi massacranti per stare insieme poche ore.
Essendo due personaggi famosi, la loro storia riempiva le pagine dei giornali. Ma da parte loro non ci furono mai dichiarazioni esplicite, racconti diretti. Tutto era contenuto in una atmosfera di riservatezza massima, di pudore dei propri sentimenti.A ottobre 1949, la Piaf e Cerdan si amavano da poco più di un anno. Lei era bloccata per un mese da un impegno professionale a New York, lui a Parigi, dove si preparava alla rivincita contro Jake La Motta (che a giugno, a Detroit, gli aveva strappato la corona mondiale) programmata per il 2 dicembre al Madison Square Garden di New York. Con Édith aveva programmato una vacanza dopo l’incontro. Ma la data era ancora molto lontana. Édith si sentiva terribilmente sola. Le telefonate con Marcel erano dolorose, e non facevano che aumentare il desiderio di essergli accanto.
La sera del 25 ottobre, nel corso di una conversazione telefonica, Édith scoppiò a piangere. «Non ne posso più», disse tra le lacrime. «Mi sento morire senza di te». Anche Marcel era distrutto da quella lontananza forzata e rispose: «Prenoto la nave e ti raggiungo. Continuerò gli allenamenti a New York». Ma il viaggio in nave richiedeva troppo tempo: «Perché non prendi l’aereo e vieni qui subito?», gli propose lei. Così fu. Due giorni dopo, il 27 ottobre, il pugile si imbarcava su un Lockheed Constellation, per il volo F-BAZN Parigi-New York della Air France. Nel corso della notte tra il 27 e il 28 ottobre, l’aereo si schiantò contro una montagna dell’isola di São Miguel nell’arcipelago delle Azzorre. Non ci furono sopravvissuti. Marcel Cerdan aveva 33 anni.
Al mattino, quando le venne riferita la notizia, Édith Piaf proruppe in un urlo: «È tutta colpa mia». Ma la sera volle comunque mantenere l’impegno del contratto: «Canterò per lui», disse. Si presentò al pubblico che la accolse con un grande applauso, e iniziò lo spettacolo con la sua canzone più famosa, quell’Hymne à l’amour (Inno all’anione) che aveva scritto per Marcel. Ma quella sera non arrivò alla fine della canzone. Dopo le parole “Se un giorno la vita ti strapperà a me...” la sua voce si ruppe e il “passerotto di Parigi” crollò a terra.
Dopo la morte di Marcel, Édith Piaf visse ancora 14 anni. Tentò altre esperienze sentimentali, ma inutilmente: la memoria di quel suo amore fu sempre viva, fino all’ultimo. E nel ricordo di Marcel volle prendersi cura della moglie e dei tre figli del pugile. Lui, continuò a cercarlo nelle sedute spiritiche. Furono anni dolorosi, strazianti. Infine, anche lei morì, il 10 ottobre 1963.