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 2015  dicembre 02 Mercoledì calendario

Forse anche l’Italia compra petrolio dall’Isis

Una petroliera italiana di 115mila tonnellate è al largo del porto turco di Ceyhan in attesa di caricare il greggio. Un’altra battente bandiera greca sta arrivando da Trieste, dove probabilmente tornerà a scaricare il petrolio. Il flusso di petroliere con l’Italia dal sud est della Turchia riguarda anche Augusta e altri porti. A Ceyhan arriva l’oleodotto dal Mar Caspio e anche il petrolio dei nostri alleati curdi dal nord dell’Irak, ma secondo uno studio dell’università Greenwich, di Londra, pure il greggio insanguinato del Califfo.
Il presidente russo, Vladimir Putin, è stato il primo a denunciare che l’oro nero del Califfo viene contrabbandato via Turchia da Siria o Irak e arriva sul mercato internazionale compresa l’Europa e l’Italia. «Abbiamo informazioni che il petrolio dai depositi controllati dallo Stato islamico entra nel territorio turco su scala industriale – sostiene Putin – Avviene giorno e notte grazie a camion cisterna, che percorrono il tragitto fino ai porti dove è caricato sulle petroliere».
George Kiourktsoglou e Alec D. Coutroubis dell’università londinese non hanno trovato «la pistola fumante», ma numerose tracce sul traffico dell’oro nero insanguinato. Dalla fine della primavera del 2014 a metà di quest’anno i ricercatori hanno individuato tre picchi «inusuali» di flusso marittimo sulla rotta da Ceyhan all’Europa, che corrisponde alle maggiori battaglie o conquiste dei pozzi da parte delle bandiere nere. La prima impennata dei costi di noleggio e relativi carichi di petrolio da Ceyhan, attorno al 10 luglio 2014, coincide con la conquista dell’importante giacimento siriano di Al Omar da parte dello Stato islamico. Il secondo picco, nel novembre 2014, è concomitante con i duri combattimenti per il controllo degli impianti di gas di Jhar e Mahr. Ed il terzo, dalla fine di gennaio 2015 al 10 febbraio, è simultaneo alla campagna aerea americana vicino a Kirkuk, la cassaforte del petrolio nel nord dell’Iraq. «Crediamo che ci siano forti indizi relativi ad una catena illecita di approvvigionamento che imbarca il greggio dello Stato islamico da Ceyhan» scrivono gli autori.
Il Califfato è riuscito ad estrarre, nei momenti di maggiore produzione, fino a 50mila barili di petrolio al giorno. Ogni barile viene venduto dai miliziani jihadisti a 20-35 dollari ciascuno a seconda del prezzo di mercato del petrolio. Un camion cisterna può contenere 30mila litri di greggio. Il profitto ad ogni viaggio varia da 3000 a 5000 dollari. Secondo Mehmet Ali Ediboglu, parlamentare d’opposizione ad Ankara, il giro d’affari «del contrabbando di petrolio del Califfato è di 800 milioni di dollari all’anno, ma nel 2014 potrebbe aver raggiunto il miliardo sul mercato nero turco».
Fonti riservate di intelligence citate nella ricerca dell’università di Londra indicano con precisione la «rotta» del contrabbando da Siria e Irak attraverso il sud est della Turchia fino al terminale di Ceyhan. Sanliura, Urfa, Hakkari, Siirt, Batman, Osmaniya, Gaziantep, Sirnak, Adana, Kahramarmaras, Adiyaman e Mardin sono tutti centri del mercato nero. Parte del greggio, che viene raffinato in maniera rudimentale, è venduto sul territorio turco. Colonne di una trentina di cisterne «entrano giorno e notte in Turchia» secondo i russi, che li inseguono con i droni. In alcuni casi sono implicati mediatori curdi, nostri alleati nel nord dell’Iraq. E uomini d’affari vicini al regime di Damasco, che comprano petrolio dagli estremisti islamici per rivenderlo al regime, come George Haswani finito ieri nella lista nera del Dipartimento di stato Usa.
Il premier, Ahmet Davutoglu, respinge le «accuse senza fondamento che chiamano in causa la Turchia su presunti acquisti di petrolio» dallo Stato islamico. Le stesse autorità turche, però, hanno ammesso che sono aumentati i sequestri di prodotti petroliferi di contrabbando fino ad arrivare ad oltre 79 milioni di litri nel 2014, quando il Califfo ha messo le mani sui giacimenti in Siria e Irak. Secondo l’intelligence irachena un giro del genere, che arriverebbe fino a Ceyhan e poi via mare in mezzo mondo, compresa l’Italia, «è possibile solo con la copertura dei servizi di sicurezza turchi». La documentazione di accompagnamento del petrolio insanguinato deve risultare regolare per venire imbarcato su una petroliera e venduto sul mercato internazionale.
Solo il 16 novembre i caccia Usa hanno colpito le prime 116 cisterne dello Stato islamico. Il Pentagono sostiene di aver distrutto altri 280 camion nell’ultima settimana. I russi ne avrebbero polverizzato un migliaio da fine ottobre, quando sono intervenuti con i raid in Siria.