La Stampa, 2 dicembre 2015
«Nuoto da vent’anni e ancora mi piace. Smettere sarà traumatico». Federica Pellegrini è sempre una certezza
Federica Pellegrini, sta per iniziare l’anno olimpico e lei lo celebra con un calendario per Aipi. In quelle pose ha rivisto le sue tante facce?
«Le foto le ho fatte prima dei Mondiali di Kazan, tra un allenamento e l’altro. In effetti è una bella rassegna delle diverse Federiche: camaleontica, lunatica...».
Scatto preferito?
«Quello in rosso, è il mio colore e poi è la più allegra: quella che mi rappresenta oggi, sono energica eppure serena».
Anche se siamo entrati nella stagione olimpica?
«Quando scavalleremo l’anno e vedrò scritto 2016 allora sì che inizierò a farci i conti, anche perché partiranno gli allenamenti in vasca lunga e lì sarà il campanello. La sveglia».
Qui a Netanya invece siamo in vasca corta, lei non l’ha mai amata.
«La prendo come un diversivo, abbiamo deciso all’ultimo di venire e non c’è ricerca di medaglie e tempi. Non sono una specialista dei 25 metri, qui la mia gara diventa velocissima e non è la mia caratteristica. Non so neanche in che giorni ho le gare...».
Aveva delle perplessità sulla trasferta in Israele.
«Ci hanno assicurato massima sicurezza e va bene così. Il dubbio è nato dopo quel che è successo a Parigi. Non è solo Israele, adesso viaggiare non è il massimo ma non si può vivere di paura».
Se le dico «Generazione Bataclan» cosa vede?
«È un mondo non così lontano da me eppure in un’altra galassia perché io non ho mai avuto il tempo di viverlo. La fase alternativa, magari bohèmienne, non l’ho potuta sperimentare. Lo sport detta i suoi ritmi. Ai concerti ci posso andare ma non è che fanno parte dei miei sabati sera quindi ho sempre guardato quei ragazzi con un misto di curiosità e interesse. Vederne tanti spazzati via è stato un profondo smarrimento».
Cosa ha pensato guardando le loro facce?
«Desolazione, rabbia... Non erano a un evento istituzionale, non c’erano potenti. Prima il concerto rock, poi i mitra e, nonostante tutto quello che si sa, continua a non esserci nesso. Non si può disprezzare la vita così».
Nel 2012 scherzava sulla fine del mondo secondo i Maya e sul finale di carriera. Ora pare lei voglia andare anche oltre.
«No, è che non posso viverla come fosse l’ultimo anno, anche se poi, onestamente, penso sarà così. Sceglierò con molta calma, dopo Rio, dopo le vacanze, dopo tutto e dopo tanto».
Una coda alla Dara Torres, che ha smesso, si è fatta una famiglia e poi è tornata a 40 anni, non la alletta?
«Non mi pare facile, però a ’sto punto dico mai dire mai. Smettere sarà traumatico, ho nuotato per 20 anni e ancora mi piace quindi mi è impossibile dire “fra 9 mesi basta, non vedo più la piscina”. Fa brutto, al momento è quasi intollerabile».
Ci sarà pure qualcosa che dopo tanto tempo le dà la nausea.
«Di certe situazioni ripetitive e obbligatorie ne ho proprio le scatole piene, su gare e allenamenti invece andrei avanti fino agli ottanta».
Kobe Bryant ha appena annunciato il ritiro perché «il fisico non sta dietro alla testa».
«Io non sento alcun decadimento fisico. È proprio per questo che è tutto così complicato da decifrare. Non vedo cambiamenti epocali sui recuperi dagli allenamenti o sui distacchi con le rivali».
Sulla via per Rio ripassa da Londra. Per gli Europei in vasca lunga torna dove tutto è andato storto.
«Comunque vada non si può sovrapporre un risultato europeo a un’Olimpiade».
Magari ci può fare i conti.
«Vero, le sensazioni in quella piscina sono state le peggiori della vita, avere di quel posto anche un’altra immagine potrebbe alleggerire lo spirito. Ma non cancellerebbe nulla. Intanto vediamo che gare farò, di certo la staffetta».
Vuol dire che non nuoterà i 200 stile libero?
«Vediamo in che fase delle preparazione sarò».
Se nel 2012 fosse salita sul podio avrebbe smesso?
«No, era troppo presto. Ora forse è il momento giusto. Forse».