Corriere della Sera, 2 dicembre 2015
Chaouqui e marito, per i magistrati un’associazione a delinquere tra ricatti, siti hard e favori (ovviamente da restituire)
Un’associazione per delinquere finalizzata all’intrusione informatica. Un gruppo criminale dedito ai ricatti. Si aggrava l’accusa contro Francesca Chaouqui, suo marito Corrado Lanino e l’ex funzionario di Palazzo Chigi Mario Benotti. La procura di Roma ipotizza che i tre abbiano utilizzato gli atti «catturati» nei computer delle vittime designate per poi minacciarle. E abbiano sfruttato il ruolo che la donna aveva ottenuto da papa Francesco all’interno della Cosea, la commissione per gli affari economici della Santa Sede. Le indagini coordinate dal pubblico ministero Stefano Pesci mirano adesso a ricostruire tutti gli episodi illeciti, partendo proprio da quello che coinvolge i fratelli Berlusconi. Del resto sono centinaia le intercettazioni raccolte dal magistrato di Terni Elisabetta Massini, prima di trasmettere gli atti ai colleghi della capitale. E tra le persone che avrebbero chiesto aiuto alla Chaouqui c’è anche il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, a pochi mesi dall’uscita dal vertice dello Ior, la banca della Santa Sede.
Le richieste per incontrare i prelati
Dopo la nomina in Vaticano, Francesca Chaouqui era diventata il punto di riferimento di politici e imprenditori che chiedevano di poter incontrare gli alti prelati. Lei tesseva le relazioni, poi utilizzava le informazioni ottenute per ricattare le persone. Nel fascicolo della procura di Terni ci sono centinaia di intercettazioni risalenti al 2013, quando la donna entrò in contatto con l’allora vescovo monsignor Vincenzo Paglia e gli promise aiuto per risanare i bilanci dissestati della Curia. Mettendo sotto controllo il suo telefono, il magistrato scoprì quali traffici illeciti la vedevano protagonista. Ma anche quante richieste di aiuto e favori le venivano presentate. Come quella di Gotti Tedeschi che voleva incontrare monsignor Lucio Vallejo Balda. All’epoca il religioso era molto legato a Chaouqui, insieme avevano avuto da papa Francesco l’incarico di rendere trasparenti i settori finanziari del Vaticano. Nessuno poteva immaginare che i due avrebbero trafugato e poi ceduto documenti riservati. Inizialmente la donna avrebbe accettato di fare da tramite per l’appuntamento, ma a opporsi sarebbe stato Mario Benotti, evidentemente nel timore che Gotti Tedeschi potesse ottenere un nuovo incarico all’interno della Santa Sede, o comunque influire su alcune decisioni. E così l’incontro andò in fumo. Quanto basta a dimostrare proprio il ruolo e l’influenza che lo stesso Benotti aveva sulla donna, la capacità di poter orientare alcune scelte.
L’esplorazione dei siti hard
Che i due fossero legati emerge anche da altre telefonate nel corso delle quali Benotti chiede a Chaouqui e in particolare a suo marito una ricerca sui computer dell’ex marito della sua compagna. In ballo c’è l’affidamento della figlia minorenne, Benotti vorrebbe scoprire se l’uomo visita siti hard, se ha segreti inconfessabili che possono essere utilizzati proprio nella causa di separazione. Chaouqui al telefono assicura che porterà a termine il compito. Benotti ha già chiesto, attraverso il suo legale Matteo Melandri, di essere interrogato «perché voglio chiarire la mia posizione». Lei non nega di aver interessato il marito, sostiene però che si trattava di «innocenti ricerche su facebook e altri siti». La tesi non sembra però aver convinto i magistrati, visto che la contestazione parla addirittura di associazione per delinquere.
I contatti con Paolo Berlusconi
L’interesse, questa è la tesi dell’accusa, era tenere sotto pressione le persone che potevano restituire favori. Proprio come sarebbe accaduto nel caso di Paolo Berlusconi, con le istanze fatte dalla donna per impedire a Fabio Marchesi Ragona, il vaticanista de Il Giornale, di continuare a scrivere. Sono numerosi i contatti con l’editore del quotidiano milanese che adesso compare nella lista degli indagati perché non avrebbe denunciato le minacce ricevute: dare il via alle richieste di rogatorie presentate alle autorità vaticane nei confronti di Silvio Berlusconi e rendere pubblico il loro contenuto. Lui ammette di aver «parlato della vicenda relativa al vaticanista con il direttore Alessandro Sallusti» però giura che «mai la signora Chaouqui ha neppur lontanamente parlato con me di asserite rogatorie relative a mio fratello su presunti conti presso la banca Vaticana, conti ovviamente inesistenti. Ancora una volta il nostro nome è tirato in ballo senza alcun fondamento». Il reato ipotizzato dalla procura di Roma è però il concorso all’induzione alla concussione e ciò conferma l’esistenza della minaccia. Nei prossimi giorni i magistrati dovranno stabilire se il ruolo di Chaouqui all’interno della Cosea le desse la veste di pubblico ufficiale – e questo giustifica la concussione – o se invece il reato da contestare sia quello di estorsione o addirittura di millantato credito, ritenendo in questo modo che Berlusconi fosse vittima del ricatto e non avesse obbligo di denuncia.