Corriere della Sera, 2 dicembre 2015
La liberazione di Saja al-Dulaimi, l’ex moglie del Califfo. Era ostaggio dell’esercito libanese, ma al Nusra è riuscita a ottenere il suo rilascio in uno scambio di prigionieri. Ora vuole solo andare a vivere in Turchia con la figlia
Anche Abu Bakr al Baghdadi, più giovane e non ancora autoproclamato califfo, ha conosciuto la prima moglie in una di quelle chat via Internet che adesso attirano le ragazze verso i miliziani dello Stato Islamico. Di Saja al-Dulaimi si sa poco, è emersa dalla clandestinità solo quando i fondamentalisti sono riusciti a ottenere il suo rilascio in uno scambio di prigionieri. È già successo due volte, la donna sembra entrare e uscire dalle celle dei servizi segreti, dentro e fuori dal mistero.
Nel maggio del 2014 fa parte del gruppo di centoquaranta prigioniere liberate dal regime di Bashar Assad, barattate con le suore rapite nel villaggio cristiano di Maalula. È allora che il suo volto viene ripreso dalle telecamere e la sua identità rivelata da uno dei capi del fronte di Al Nusra, il gruppo vicino ad Al Qaeda che ha negoziato la liberazione. Saja scompare per mesi, fino al dicembre dello stesso anno quando viene arrestata dalla polizia libanese: stava cercando di attraversare la frontiera con una bimba di 4 anni, che avrebbe avuto da Al Baghdadi.
Ieri è riapparsa allo stesso confine nel rito dello scambio che ha permesso a 16 soldati libanesi rapiti un anno e mezzo fa di ritornare a casa. Erano stati portati via dopo uno degli scontri più duri sui monti tra Libano e Siria, il segnale che la guerra dall’altra parte può sempre tracimare verso Beirut.
La cerimonia è stata ripresa dalla tv Al Jazeera, la sua sede è a Doha ed è il Qatar ad aver mediato tra il governo di Beirut e gli estremisti. Anche questa volta appartenenti ad Al Nusra: i rapporti con il Califfo possono essere diventati conflittuali, la concorrenza sul campo del terrore feroce ma i militanti non dimenticano chi li ha aiutati a crescere e organizzarsi e includono sempre nella lista (con una ventina di detenuti) quella che ormai sarebbe diventata la sua ex moglie (Al Baghdadi avrebbe pronunciato la formula del triplice rifiuto prevista dall’Islam).
Il governo libanese vorrebbe ottenere anche la liberazione di altri nove militari sequestrati dalle milizie del sedicente Stato Islamico nella stessa battaglia. «Siamo pronti ai negoziati – commenta il generale Abbas Ibrahim, il capo dei servizi – ma non troviamo nessuno con cui negoziare». Il regime siriano sarebbe invece riuscito a trovare un accordo con gli ultimi ribelli asserragliati in un quartiere di Homs. Dovrebbero lasciare l’area – l’annuncio è dell’agenzia di stampa statale – e la città tornerebbe sotto il controllo totale di Assad.
Saja dice di voler andare a vivere in Turchia da persona libera con la figlia. Almeno a parole sembra volere una vita normale: «Abbiamo divorziato sette anni fa». Allora il leader dello Stato Islamico si faceva chiamare Ibrahim al Badri e lei faceva la parrucchiera in Iraq. Anche se già coinvolta con gli emiri del terrore: il padre ucciso in un raid dell’esercito siriano contro i fondamentalisti, il primo marito tra i boss dell’Esercito al Rashideen che spadroneggia nella provincia irachena di Anbar, ora dominata dall’ex marito.
Il suo arresto un anno fa sarebbe stato coordinato tra i servizi segreti mediorientali e Cia. Che cerca di ottenere informazioni su Al Baghdadi dopo aver cercato di eliminarlo almeno tre volte: il califfo sarebbe sopravvissuto alle bombe ma avrebbe subito una lesione alla spina dorsale. Per intensificare la caccia o almeno indebolire le sue truppe, il Pentagono manda altri uomini delle forze speciali tra la Siria e l’Iraq, un impegno sul terreno per adesso ancora leggero.
Se davvero Saja potrà muoversi senza restrizioni, vuol dire che l’intelligence considera il matrimonio finito e i legami con il califfo ormai troppo lontani nel tempo.