la Repubblica, 2 dicembre 2015
Higuain ha smesso di essere triste
Ride, canta, balla. Piangeva, sbuffava, camminava. La metamorfosi di Gonzalo Higuain non può essere raccontata solo attraverso i suoi gol, che hanno riportato il Napoli sul gradino più alto della classifica, mettendo fine a un quarto di secolo d’oblio e malinconico amarcord. Si intravede un dopo Maradona, di cui una buona parte dei 55 mila tifosi in delirio lunedì notte al San Paolo non può avere memoria: le generazioni dei debuttanti al primo posto. Lassù li ha trascinati un altro argentino, con la doppietta che ha costretto alla resa una irriducibile Inter e proiettato il numero 9 azzurro in una nuova dimensione: quella esclusiva dei fuoriclasse. Che il Pipita fosse un cannoniere si sapeva già: 25 reti nella sua prima stagione italiana e 29 nella seconda. Ma è nella terza che il confronto con il passato si fa più intrigante: quella in cui Diego entrò nella storia conquistando lo scudetto, con un’impresa che per 25 anni è parsa unica e irripetibile, nella attesa che spuntasse all’orizzonte l’Erede.
Higuain non ha le stimmate del numero 10 e non indossa la fascia di capitano. Però rappresenta per il Napoli di oggi quello che era stato Maradona per quello dei due scudetti: il punto di riferimento per tutti, allenatore, compagni e tifosi, e non solo per le 14 reti (Europa compresa) messe a segno in questo avvio di stagione. «Viviamo in una città speciale e dobbiamo prendere al volo le grandi opportunità che sa offrirci», ha detto lunedì sera il campione argentino, dopo avere ballato e cantato sotto la curva B del San Paolo, di cui non s’era mai sentito così padrone (di casa). Pare un secolo dal 31 maggio scorso, quando il Pipita aveva spedito in tribuna il rigore della Champions, nello spareggio con la Lazio. Erano i tempi in cui il bomber sbuffava e camminava, sorridendo a stento perfino dopo aver segnato. Il pianeta azzurro gli stava stretto, allora: 5 mesi dopo, ne è diventato l’orbita.
Leader si nasce, ma Higuain aveva bisogno dei suoi tempi. «Contro l’Inter ho vissuto una notte magica, grazie ai tifosi e ai compagni. Tutti uniti siamo più forti. Avanti così», ha scritto su twitter il capocannoniere della serie A. Dietro l’angolo c’è la trasferta di domenica a Bologna, dove saranno in 10 mila al seguito della nuova capolista: tenuta coi piedi per terra dall’umiltà di Sarri. «Mai sentito parlare di scudetti vinti a novembre: casomai a maggio». Cinque mesi alle spalle e altrettanti davanti, per provare a riscrivere la storia azzurra. Il Pipita ha cambiato in meglio la sua: ora è perfino “social”, si è liberato della diffidenza del primo biennio e del complesso di superiorità che si era portato da Madrid. Aveva accettato il San Paolo per Benitez. Ci ha messo un po’, per sentirsi a casa.
Sarri ha saputo pizzicare le corde giuste, stuzzicandone l’ego. «Potenzialmente sei il centravanti più forte del mondo, ma non sei ancora riuscito a dimostrarlo: dipende da te». Higuain non si aspettava una simile accoglienza, da un tecnico arrivato dalla provincia: eppure capace di metterlo di fronte ai suoi difetti, tra cui la pigrizia negli allenamenti e l’insofferenza per gli errori altrui. «Mister, ci ho pensato: ti do ragione su tre punti su cinque», fu la risposta orgogliosa, che dall’inizio del ritiro estivo ha buttato giù 4 chili, mettendosi a dieta. Ma ha soprattutto ritrovato il sorriso, accettando la diversità di Napoli e del Napoli. «Ora lo so, giocare qui è speciale». Proprio come per Diego, che in campo trascinava con l’esempio i suoi compagni. E fu così che al terzo anno li guidò più in alto di tutti.