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 2015  dicembre 02 Mercoledì calendario

Fermata una tragicomica rete di jihadisti a Brescia: «Non siamo né Rambo né Van Damme, ma facciamo sul serio»

Con le sue quadre medioevali e i suoi canali, le “seriole”, il centro storico di Chiari pare lontano anni luce sia dai villaggi sperduti del Kosovo “islamizzato” – dove hanno arrestato la mente del gruppo prima che fuggisse in Macedonia —, sia da Raqqa, la capitale del sedicente Stato islamico. Eppure era nascosta qui, nella seconda città più grande della Bassa bresciana, la base italiana della cellula jihadista (tre kosovari e un macedone, residenti in Italia da 15 anni) che aveva nel mirino Papa Francesco («Non ci sarà più un Papa dopo questo, questo è l’ultimo») e esaltava su Fb gli attentati di Parigi («Allah è grande, se vuole domani altri 1500» – morti, ndr). Era da Chiari che si spostava quando era nel nostro Paese Samet Imishiti, il capo. Prima carpentiere, poi soldato affiliato a Daesh: 44 anni, magro, barba scura. Un tipo – lo descrivono gli investigatori – «molto pericoloso, addestrato al conflitto militare e collegato con Lavdrim Muhaxheri». Chi è? Uno dei luogotenenti del Califfo Al Baghdadi per la zona del quadrante balcanico: fucina di estremisti (circa 300, secondo fonti della polizia) addestrati e inviati a combattere in Siria e Iraq. Da dove – secondo l’intelligence – almeno 120 foreign fighters, sfruttando i flussi di migranti, sarebbero tornati in Kosovo, l’ex provincia serba ormai fortemente contaminata dal radicalismo islamico dell’Is. È ai balcanici residenti in Italia che si rivolgeva il gruppo fb («Con te o senza di te il Califfato è tornato») sul quale Samet Imishiti, arrestato l’altra notte nel villaggio di Hani i Helezit, nell’est del Kosovo, postava i suoi proclami di propaganda terrorista. Contro il Papa, l’Europa, la Francia, l’ex ambasciatrice Usa in Kosovo Tracy Ann Jacobson. Un impasto di odio e minacce, di esaltazione della legge della sharia. Condito da foto in posa, da veri mujaeddin. È partita dal delirio di quelle chat l’operazione “Van Damme”con cui l’Antiterrorismo e la Digos bresciana, assieme ai colleghi della polizia kosovara, hanno smantellato il gruppo jihadista.
L’accusa è di apologia del terrorismo e istigazione all’odio razziale. Ma solo uno su quattro – Samet Imishiti, aveva armi in casa – è stato arrestato (e due sospettati sono in fuga). Perché? Per quale ragione gli altri sono stati “soltanto” espulsi (Samet Imishiti, fratello di Samet, e un altro kosovaro rintracciato a Savona) o sottoposti a «sorveglianza speciale per motivi di terrorismo con il ritiro di passaporto» (è il caso, il primo in Italia, di un cittadino di origine macedone residente a Vicenza)? Semplice. Anche se il meccanismo appare un po’ complicato (e non immune da rischi). La riforma del governo sulle misure cautelari, approvata in aprile, impone – perché scatti l’arresto – un “rischio attuale”. Che è difficile da dimostrare per attività di propaganda sul web e per indagini complesse. In realtà, ed è questo il caso, forse qui il rischio ci starebbe tutto («Facciamo altri 1500 morti»...), ma tant’è. Per evitare che, come già successo a Merano e a Bologna, i giudici respingessero le richieste di arresto di presunti jihadisti, a Brescia hanno deciso – ed è la prima volta – che è meglio mettere il presunto terrorista “in stato di monitoraggio” intervenendo subito, salvando le indagini e facendole proseguire. Dice infatti il questore di Brescia, Carmine Esposito: «L’operazione non finisce qui».
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L’Europa? «Verrà disintegrata». La Francia? «Che Allah la distrugga». Anzi: «Parigi è solamente l’inizio». L’esordio trionfante di un futuro tratteggiato dalla follia di chi scrive, minaccia, straripa. «Entro cinque anni si formeranno gli stati islamici, e ci sarà una sola legge, quella della sharia». Di più. «Non ci sarà più un Papa, perché questo è l’ultimo». Se non fosse che è tutto impresso coi caratteri digitali di cui sono pieni i post, le chat, i commenti scovati in dodici mesi di indagini dagli investigatori dell’Antiterrorismo, più che a dei muratori kosovari che vivono in Italia da più di tre lustri verrebbe da attribuire la paternità di questi deliri, come minimo, a un imam estremista. O a uno dei più fedeli colonnelli di Abu Bakr al Baghdadi. Invece no. E il bello è che non sono nemmeno attori: non recitano. «Non siamo né Rambo né Van Damme, ma facciamo fatti veri», scrivevano i quattro jihadisti fermati con l’accusa di fare propaganda per l’Is. Tra narcisismo e autoreferzialità, un po’ biglietto da visita.
Perché se è vero come è vero – lo scrivono gli inquirenti – che «le indagini hanno consentito di interrompere un’azione di propaganda e di istigazione nel web portata avanti per pianificare atti violenti contro Sua Santità Papa Francesco», la cellula italo-kosovara faceva sul serio. È sul sito “Me ose, pa tu – Hilafeti eshte rikthy”, “Con te o senza di te il Califfato è ritornato” che il guerrigliero, un tempo carpentiere, Samet Imishti, si scatena. Posta la foto di Bergoglio. Lo sistema così: «E adesso dove andrai? Ricordatevi che non ci sarà più un papa dopo questo, questo è l’ultimo. Non dimenticatevi ciò che vi sto dicendo!». E ancora, sempre rivolto al Santo Padre: «Stai buono racconta la verità che loro verranno in Vaticano».
A Chiari, a casa del fratello, Ismail Imishti, è stato trovato «materiale propagandistico e i software utilizzati per il collegamento con altri internauti sospettati di terrorismo». I lettori di riferimento della cellula: navigatori balcanici residenti in Italia, attratti dal radicalismo dell’Is (tutti i messaggi sono scritti in lingua italiana, ndr), gente da ingaggiare. Ecco il post su fb di Samet Imishti: «Parigi a lutto, la torre senza luci (accanto c’è un’immagine della Tour Eiffel, ndr), 158 morti, questo è solo l’inizio». Esaltare le stragi del 13 novembre. Promettere che la Francia non avrà più pace. Recita uno dei messaggi condivisi da Samet e dai suoi soci di odio: «Gli aerei francesi in Siria hanno ucciso più di 47 persone. Oh miscredenti, capirete che l’Islam non si combatte, è inutile. I leoni vi hanno lasciato un messaggio e per Allah non dormirete sonni tranquilli ma voi avete scherzato con i loro messaggi e avete continuato a bombardare ed allora questo è il risultato».
L’obiettivo è dichiarato: «...Dio distrugga la Francia, oh Signore, che fino a ieri i suoi aerei in Siria non hanno lanciato caramelle». L’annientamento del Paese colpito dagli attentati di venti giorni fa? È affidato al volere di Allah: «Allah è grande, se vuole domani altri 1500...». Si vedono terroristi che bruciano le bandiere di Usa e Israele nelle foto condivise in chat dagli jihadisti kosovari. Ed è all’ambasciatrice americana in Kosovo, Tracey Ann Jacobson, che la cellula dedica altre attenzioni on line. «L’ebrea americana dice che il nuovo governo combatterà la corruzione... Questa miscredente merita la punizione con la sharia». L’unica legge in grado, secondo i fanatici del terrore, di garantire «giustizia e tranquillità». Oltre all’affermazione di Daesh nel mondo, assieme alla «distruzione» dell’Europa e alla sua sostituzione «con stati islamici», al capo dei jihadisti allevati tra l’Italia e l’ex provincia autonoma della Serbia sta a cuore anche un’altra cosa: la sorte di Lavdrim Muhaxheri.
Un punto di riferimento assoluto per i combattenti passati all’Is dell’area compresa tra Serbia, Albania, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Bosnia. Indicato come comandante della “brigata balcanica”, è il mujaeddin che in un video, uno dei più cliccati, arringa la folla e brucia il suo passaporto kosovaro, «documento degli infedeli». In una conversazione in chat Samet Imishti scrive a un amico: «...domani andrò da Lavdrim, se Allah vuole, perché sono triste e vedo come sta perché sta molto male. Allah lo protegga perché lui è l’anima della sharia». «Fagli tanti saluti da parte mia». E l’invito finale (ricevuto dal suo interlocutore): «Se Allah vuole tu vai bene per l’azione solamente al fronte, vieni di qua per Bajram, andiamo in paradiso, ci divertiamo fratello, vieni se Allah vuole...».Secondo l’Antiterrorismo, che quest’estate aveva già raccolto un ricco dossier su di lui, Samet, l’uomo che minaccia il Papa, non solo al «fronte» ci è già stato e ha accumulato esperienza e contatti solidi; ma era anche in stretto collegamento – proprio attraverso Lavdrim Muhaxheri – «con le filiere jihadiste attive in Siria».
Un mini esercito di terroristi agli ordini del Califfo, alla cui composizione ha contribuito, in modo tutt’altro che irrilevante, anche il Kosovo. Nella più giovane repubblica d’Europa, la nuova frontiera è il fondamentalismo islamico armato. Spinti da povertà e disperazione, sono centinaia – secondo fonti di intelligence – i giovani partiti per Siria e Iraq a combattere con l’Is. E almeno 20 sarebbero le cellule terroristiche attive nei Balcani. L’auspicio di Samet Imishti: «Il 2015 è appena iniziato... vogliamo come legge la Sharia».