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 2015  novembre 29 Domenica calendario

A Milano una mostra fotografica su New York. Autore: il rapper Frankie hi-nrg

New York. Città ideale o trappola? Metropoli perfetta per Superman o inferno urbano «dove ognuno sogna comunque di vivere»? Frankie hi-nrg mc (al secolo Francesco Di Gesù, classe 1969) si definisce rapper, autore, compositore ( Esseri umani è il suo album più recente, Zombie vegetariano è la canzone che ha scritto per l’ultima edizione dello Zecchino d’Oro), giornalista, iphonegrapher, videomaker. Ma per raccontare la «sua» Grande Mela ha riscoperto un’altra sua grande passione, quella per la fotografia, nata quando suo padre gli regalò una Polaroid e gli chiese di «fargli un ritratto che venne fin troppo bene per essere stata scattato da un bambino di poco più di tre anni». Una passione che «negli ultimi anni ho fatto ritornare tra i miei incontri quotidiani, estemporanei, che tengo a portata di mano quando serve per poter raccontare cose con un linguaggio diverso da quello al quale sono abituato».
La mostra Metrapolis, nata in collaborazione con Fujifilm Italia, che si inaugura giovedì prossimo, 3 dicembre, allo Spazio 22 di Milano, «vuole prima di tutto dimostrare il carattere controverso di una città perennemente in bilico tra libertà e controllo, luogo simbolo e mecca culturale degli appassionati di hip-hop, laboratorio espressivo e teatro della Storia». A «la Lettura» Frankie hi-nrg mc («Mi raccomando, scriva bene il mio nome, rispettando le minuscole!», un nome in cui «hi-nrg» sta per «high-energy», «mc» per «master of ceremonies» oppure «microphone controller» dipende dall’umore di Frankie) sottolinea più volte il parallelismo tra un’interpretazione assai gioiosa e un’altra al contrario molto cupa di New York, dove ha vissuto per un anno e mezzo proprio per preparare l’esposizione milanese: «New York è una città dove si può vivere in assoluta libertà, ma dove ognuno resta pur sempre responsabile di quello che fa».
Il bambino che corre, il graffito giallo con un grande topo grigio, lo scorcio (dal basso) della High Line, il frontale dell’autobotte dei pompieri (una delle immagini più coinvolgenti della esposizione) non sono in fondo che i simboli di questa «responsabilità civile e di una nuova idea del sogno americano». Frammenti visivi «pieni di freschezza e diversità» ma che non dimenticano «come questa libertà nasca in una realtà che può rivelarsi anche una gabbia».
Più volte Frankie hi-nrg mc (origini siciliane, nato a Torino, vissuto tra Caserta, Città di Castello, Roma) per ribadire l’idea di una metropoli «bellissima eppur difficile» parla di Sindrome di Stoccolma (quella sorta di alleanza e solidarietà che si stabilisce talvolta tra vittima e carnefice): «Ognuno di noi ha sognato almeno una volta di finire chiuso in quella gabbia chiamata New York,anche perché da quella gabbia si può fortunatamente pur sempre fuggire, visto che lo sportello, se si vuole, si può aprire dall’interno». Dunque, con le sue fotografie ha voluto presentare «situazioni in cui i soggetti ritratti sembrano esprimersi liberamente all’interno di una gabbia che li imprigiona, ma che non sembra in grado di soffocarli».
Una mostra, quella di Milano, che prosegue il discorso di Bilingual, l’esposizione allestita lo scorso ottobre al Piccolo Café e all’Hunter College di New York: in quel caso si trattava di cinque scatti raccolti in Zambia «per raccontare la storia di villaggi che nonostante la miseria, non sono affatto miserabili e quel poco che hanno lo mettono a frutto con vitalità e solidarietà». Cosa pensa, infine, Frankie hi-nrg mc di tutto quello che è successo a Parigi? «Nient’alto che terrorismo, ma per favore non usiamo aggettivi, perché ogni volta che si usa un aggettivo, si finisce in un’altra trappola, quella di credere che ogni voce contraria alla nostra stia dalla parte del nemico».