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 2015  novembre 29 Domenica calendario

Storia della nebbia di Londra, senza la quale forse non ci sarebbero stati i libri di Dickens e di Poe

«Mi sono perso nella nebbia. Ho cercato di fischiare per un taxi ma non riuscivo a trovare la bocca», disse davanti al pubblico londinese alla metà dei Cinquanta il comico americano Bob Hope per giustificare il suo ritardo nell’ingresso in scena. La battuta traeva origine dalla realtà. Nella metropoli la “pea soup”, la zuppa di piselli, come veniva allora chiamata, costituiva una fastidiosa presenza quotidiana. Riapparsa di recente per motivi squisitamente meteorologici e ritratta in foto che hanno fatto il giro del mondo, la nebbia di allora aveva origine dall’inquinamento. «Era cattiva. Una cosa verde, foschia acida, satura di anidride solforosa. Passandoci dentro sembrava di entrare in un’altra dimensione», ricorda Christine Corton aprendo London Fog. The Biography, brillante saggio appena uscito per Harvard University Press (408 pagine, 23 sterline).
LA FULIGGINE
Da secoli, ricorda la studiosa, gli abitanti della capitale erano costretti a convivere con la nebbia che in alcuni giorni diventava fittissima e a metà Ottocento provocava innumerevoli decessi per bronchiti e polmoniti. Ma già nel Cinquecento Elisabetta I, si dice, era «assai disturbata dall’odore e dal fumo del carbone che provocava coltri puzzolenti». I palazzi reali e gli interni delle case aristocratiche erano neri di fuliggine, prezzo pagato per riscaldare le case e per lo sviluppo della manifattura dalla quale nasceva la forza economica del paese e diede in seguito origine alla rivoluzione industriale.
Nel Seicento lo storico John Evelyn lamenta che la città «è avvolta in una tale nube da assomigliare a un inferno in terra, corrosa da un fumo capace di chiudere i polmoni e dotata di una sorta di pennacchio urbano che la rende inconfondibile a distanza». E accusa «le ciminiere delle manifatture, i birrai, i tintori, i fabbricanti di calce viva di avvelenarci con i loro miasmi pestilenziali».
In epoca vittoriana, quando il fenomeno divenne endemico con pesanti conseguenze sul piano sanitario, qualcuno ne classificò le sfumature di colore. C’era il tipo nero capace di causare un’oscurità completa persino a mezzogiorno, la varietà tra il giallo e il verde (la zuppa di piselli, appunto) che «blocca il traffico delle carrozze», quella di un marrone scuro «come il bagliore di qualche strano incendio» e infine «la cappa cioccolato» diffusa in particolare nella zona dell’East End dove erano concentrati i laboratori artigianali.
Charles Dickens in più di una circostanza ne descrisse gli effetti nei suoi romanzi. Celebre, in proposito, è il magistrale inizio di Casa desolata del 1853: «Nebbia ovunque. Su per il fiume, giù per il fiume. Nebbia sulle paludi e sulle alture. Nebbia sulla City e sui quartieri periferici. Nebbia che s’insinua nelle cambuse dei brigantini. Nebbia sospesa sui piccoli battelli ormeggiati lungo il Tamigi. Nebbia negli occhi e nella gola dei decrepiti pensionati di Greenwich che respirano a stento accanto ai focolari...». Ogni straniero in visita a Londra durante l’Ottocento rimaneva colpito dalla scoperta che i lampioni i gas restavano accesi per l’intera giornata per offrire un minimo di luce.
CRIMINI E MISTERI
Molti narratori ne fecero un elemento centrale delle loro opere. Nelle avventure di Sherlock Holmes a firma di Arthur Conan Doyle la città dei crimini e dei misteri è quella della nebbia come si evince sin da Uno studio in rosso che apre la serie dove si parla di «un bigio velo posatosi sopra i tetti delle case come in un riflesso delle strade sottostanti piene di fango».
E sempre la nebbia compare in pratica in ogni scena in esterno del capolavoro Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson, dove prende a dissolversi solo quando la vicenda si avvia al termine e così «questo terribile mostro che ci perseguita lascia filtrare timidi raggi di sole». Il pittore francese Manet, a differenza di altri, la amava moltissimo. Osservava: «A Londra ciò che apprezzo è la nebbia. E lei che conferisce alla città sua magnifica profondità e ampiezza».
Fu un deciso intervento del governo a dare inizio alla vittoriosa guerra contro la nebbia da inquinamento. Accadde dopo che il 16 gennaio 1955 all’improvviso l’oscurità divenne totale e, precisa Corton, «le persone costrette a subire quell’esperienza pensarono fosse arrivata la fine del mondo». L’anno successivo una serie di norme varate dall’esecutivo posero un freno all’inquinamento e la nebbia, altrimenti detta “fumo di Londra”, divenne un ricordo del passato. O, appunto, solo un banale fenomeno meteorologico che suscita curiosità e permette di scattare insolite immagini come accaduto pochi giorni fa.