il Giornale, 30 novembre 2015
Cercasi precari di talento. I nuovi interinali devono essere superspecializzati e parlare cinese
«La risorsa sarà inserita all’interno di boutique di orologeria di lusso; si occuperà di accoglienza e assistenza alla vendita, consulenza alla clientela, riassortimenti e riordino. È molto gradita precedente esperienza nel ruolo, passione per il mondo del luxury, ottima conoscenza del cinese e dell’inglese. Fondamentali buone doti relazionali, solarità e predisposizione al lavoro in team. Dinamicità e flessibilità completano il profilo». La caccia è aperta: solo un annuncio tra le migliaia che riempiono le bacheche e i siti internet delle agenzie per il lavoro. Ma è utile a delineare i tratti di un identikit ben preciso. Quello comune a una nuova tribù di lavoratori che sta trainando la ripresa del nostro Paese. Sono gli (ex) interinali di grandi e piccole firme della moda e del lusso, ma anche del turismo, dell’enogastronomia, degli eventi, di internet declinato nello sviluppo di software e app per smartphone. Settori che forse non t’aspetti, e che rifioriscono dopo gli anni della crisi in una veste social.
L’esercito dei 20mila assunti in Expo2015, oggi pronto a ricollocarsi forte di un’avventura di successo, è una rappresentazione plastica del passaggio da «precarietà» intesa come sfruttamento di manodopera a «flessibilità» come parola d’ordine e – perché no – predisposizione naturale. Chi da un pezzo ha dovuto dire addio al posto fisso, oggi cerca di volgere a proprio favore le leggi del mercato e si mette sui binari di un «percorso» di crescita professionale e personale. Lo spiegano gli head hunter, i «cacciatori di teste» e di curricula: significa grandi capacità di adattamento, disponibilità a spostarsi di città in città (anche all’estero, certo), a prendere dei rischi, per quanto calcolati, se questo può servire a far carriera. L’evoluzione della specie precaria.
IL CAPITALE UMANO
Viviamo in un Paese in cui, come ci racconta l’Istat, nove italiani su dieci si rivolgono a parenti, amici e conoscenti quando si tratta di trovare o riconquistare un’occupazione. Il capitale umano viaggia ancora sul canale informale. Il 20%, invece, affida le proprie chance occupazionali alle agenzie per il lavoro. Ad essere cambiata però è «la percezione stessa del ruolo che svolgiamo – ragiona Antonio Bonardo, direttore Public Affairs di Gi Group – sia dal punto di vista delle imprese sia del pubblico. Non più soltanto profili generici, siamo diventati il punto di riferimento per le candidature specializzate». Per battere la concorrenza, tuttavia, non è esclusivamente una questione di studi e di esperienze accumulate. «Contano tantissimo le competenze linguistiche e digitali, e quelle che chiamiamo soft skills: dall’adattarsi facilmente al cambiamento alla capacità di lavorare in squadra, di guardare al risultato in un’ottica di problem solving». Ancor più vero quando si parla dei nuovi interinali della moda e del lusso. Marina Grisolia, che in Gi Group è Division Manager Fashion&Luxury, conferma: «Un’accelerazione positiva sta interessando l’area sales, ovvero boutique, negozi, ma anche outlet, legati alla stagionalità e ai picchi produttivi. Qui conoscere una lingua come il cinese, l’arabo, il russo è diventato fondamentale. E poi c’è la ripresa nei distretti artigianali del made in Italy, in cui si ricercano persone con grande esperienza alle spalle e notevoli abilità soprattutto manuali, parliamo ad esempio di donne over 50. Figure più difficili da rintracciare in assenza di ricambio generazionale, inquadrate con contratti più stabili e meglio retribuite».
UN QUADRO DI SISTEMA
Ragionamenti che si specchiano nei numeri. Secondo i dati di Assolavoro, l’associazione di categoria che riunisce le agenzie per il lavoro con oltre 2.500 filiali in tutta Italia, nel primo semestre di quest’anno tra i settori con il numero più alto di assunzioni con contratto di somministrazione ci sono informatica e servizi alle imprese (135mila), commercio al dettaglio (85mila), alberghi e ristoranti (73mila), industria tessile (12mila); tutti con tassi di crescita rilevanti se raffrontati al primo semestre dello scorso anno. In media, sono 338mila al mese i rapporti di lavoro stipulati tramite agenzie; ad agosto scorso sono cresciuti del 17% rispetto allo stesso periodo del 2014. Ora, per il periodo natalizio, sono oltre 12mila le occasioni di nuova occupazione, principalmente nel turismo e nell’accoglienza (hostess e receptionist), nella ristorazione (chef e pasticceri su tutti), nella grande distribuzione (store manager e magazzinieri). Moda, lusso e beauty cercano assistenti alle vendite «2.0», specialisti dell’e-commerce, personal shopper, consulenti di bellezza e make-up artist che possano vantare ottima conoscenza delle lingue, disponibilità a lavorare su turni e nei giorni festivi. Alla faccia delle resistenze di molti sindacati. Stefano Scabbio, presidente di Assolavoro, allarga la visuale: «Le assunzioni sono cresciute in quei settori in cui spesso le competenze, le specializzazioni e le elevate professionalità hanno una incidenza sopra la media. Un altro dato che emerge è che aumenta il numero di ore lavorate per singolo lavoratore (+19,5%, ndr). Anche da questi due elementi si può dedurre – aggiunge – che le agenzie non solo sono capaci di intercettare le dinamiche positive dei singoli settori e rispondere tempestivamente, ma sempre più spesso assumono a tempo indeterminato e puntano su professionalità medio-alte».
IL NUOVO POSTO FISSO
Ecco perché parlare di lavoratori interinali può essere, ormai, fuorviante: i contratti a tempo indeterminato firmati tramite agenzie mostrano un balzo pari a +54 per cento rispetto a un anno fa. Quindi vanno chiariti i termini della questione. Il lavoro in somministrazione, ex lavoro interinale, è un contratto in base al quale l’impresa (utilizzatrice) può richiedere manodopera ad agenzie autorizzate (somministratori). Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato, o staff leasing, è stato modificato con il Jobs Act, che lo ha esteso a qualsiasi ambito di attività. «Una formula che si sta rivelando particolarmente adatta anche a comparti meno pesanti rispetto a quelli dell’industria», testimonia Stefano Moda, Candidate Management director di Adecco. Il lavoratore viene assunto a tempo indeterminato e pagato dall’agenzia, e ha diritto ad un’indennità di disponibilità per i periodi in cui non è in «missione». Una sorta di paracadute sociale privato, insomma. Spiega ancora Moda: «Il nostro obiettivo, nel caso di personale assunto in staff leasing, è di venire sia incontro alle esigenze delle aziende a seconda dei picchi di produzione sia di dare continuità lavorativa al dipendente nell’arco di tutto l’anno». In concreto, si tratta di finestre contrattuali dai 3 ai 6 mesi, rinnovabili. «L’impegno, il più delle volte riuscito, è quello di far coincidere la fine di un’esperienza con l’inizio della successiva, riducendo al minimo i periodi di inattività, durante i quali corrispondiamo ai lavoratori un assegno di 750 euro lordi mensili».In diciassette anni, da quando cioè il primo pacchetto di agenzie fu autorizzato ad operare dal ministero, lo scenario è mutato. Basta farsi un giro tra le sedi «su strada» dei principali gruppi per capirlo. Se fino ad alcuni anni fa si pescava in un bacino di manodopera dai profili generici, e il più delle volte i candidati finivano in batteria dietro ai microfoni di un call center, adesso la realtà appare molto più variegata. C’è ancora il neodiplomato che entra per la prima volta nel mondo del lavoro; l’immigrato che tenta di inserirsi per poter ottenere il permesso di soggiorno; ci sono i neolaureati disposti a mettere nel bagaglio un’esperienza formativa, magari non necessariamente in linea con il percorso di studi intrapreso. C’è il laureato in informatica, in ingegneria o in matematica, con un pedigree altamente specializzato e che vuol farsi conoscere dalle aziende, proprio in quei settori in cui il mercato da solo ancora fatica a far incrociare la domanda e l’offerta di candidati.
L’ANELLO DEBOLE
Inviano i curriculum pure i quadri e i manager pronti a fare gli scatoloni e a cambiare ufficio, senza drammi, anzi con gusto della sfida, in nome di un «turnover» di alto livello. E poi c’è l’anello più debole della catena. Quarantenni e cinquantenni, ultima eredità lasciata dalla grande crisi. Padri e madri di famiglia costretti a ripartire da zero. Magazzinieri o addetti alle pulizie, operai che dopo una vita in fabbrica si ritrovano loro malgrado a scartabellare gli annunci sui giornali o su internet. Quando si affacciano nelle agenzie, il primo lavoro da fare è ricostruire la loro «identità» di lavoratori. Perché si scopre che molti di loro non hanno mai scritto un «cv» e non hanno mai fatto un colloquio prima d’allora. Nell’epoca del fast job e della flessibilità per scelta, qualcuno è rimasto indietro.