il Giornale, 30 novembre 2015
Sulla parità tra euro e dollaro
Ormai manca poco alla parità tra euro e dollaro. Venerdì, alla chiusura dei mercati, per un euro bastava una banconota da un dollaro più sei centesimi. Sembra passata un’era geologica da quando, nel 2008, per un euro occorrevano 1,6 dollari. Ma per gli esperti finanziari e i politici tutto questo è da interpretarsi come una buona opportunità per rilanciare l’economia italiana ed europea. Un euro debole, per di più in uno scenario macro economico dominato dagli stimoli di politica monetaria della Bce, dovrebbe infatti favorire esportazioni, l’arrivo del turismo d’oltreoceano, mercati finanziari e, auspicabilmente, sostenere la ripartenza del ciclo economico.«Il trend ribassista dell’euro sul dollaro è iniziato a metà ottobre, portandoci da 1,15 agli attuali 1,06, sostanzialmente a causa della divergenza nei cicli monetari di Fed e la Bce, tornata palese dopo le ultime riunioni dei comitati monetari. Non è un caso che la debolezza dell’euro nei confronti del biglietto verde sia coincisa nelle ultime settimane con un allargamento notevole dello spread nei rendimenti dei titoli governativi per scadenza due anni che è passato da circa 85 punti base (quando il Bund rendeva -0,25% e il Treasury 0,60%) agli attuali 135 punti base (Bund -0,42%, Treasury 0,93%)» commenta Alessandro Balsotti, senior portfolio manager di Jci Capital Limited. E non è finita qui. I tempi per un’ulteriore indebolimento della valuta comune sono già maturi. L’ultimo sondaggio di Assiom Forex-Il Sole 24 Ore Radicor ha in effetti evidenziato come il 57% degli operatori intervistati preveda un ulteriore indebolimento della moneta unica compreso tra il 3 e il 10 per cento. Gli appuntamenti determinanti sono due: la riunione della Bce del 3 dicembre, da cui si attende un potenziamento del piano di quantitative easing e un ulteriore taglio dei tassi di deposito; e il vertice della Fed del 16 dicembre che dovrebbe avviare la normalizzazione della politica monetaria con il primo rialzo dei tassi di interesse (e quindi del costo del denaro) dal 2006. La tensione è alta. Simili provvedimenti, secondo le stime degli esperti, porteranno alla parità tra le due valute forte già a Natale e, nel medio termine, a un ulteriore indebolimento dell’euro (Goldman Sachs prevede un cambio euro/dollaro a dodici mesi a 0,95). Ma cosa cambia per noi? I primi effetti della parità tra euro e dollaro si rileveranno prima di tutto sulla vita quotidiana con i rincari dei prodotti americani o provenienti dalle economie legate al biglietto verde, dall’hi-tech ai brand più noti del lusso Usa. Per le materie prime, i cui prezzi sono espressi in dollari, le dinamiche sono invece più complesse e dipendenti anche da altri fattori di politica economica. Il prezzo del petrolio, ad esempio, è decorrelato dall’andamento della valuta americana e, di conseguenza, il prezzo finale della benzina, derivato appunto dall’oro nero, con il rafforzamento del biglietto verde potrebbe anche scendere. Goldman Sachs stima il prezzo del Wti (il greggio Usa) a tre mesi in calo a 38 dollari a barile rispetto ai 41,7 attuali. Festa grande, naturalmente, per chi invece esporta beni o servizi: con l’euro debole essi diventano più a buon mercato per i compratori esteri. Idem per il nostro turismo: i prezzi di alberghi, treni, aerei italiani ed europei sono già oggi del 10-20% più bassi per chi ha in tasca biglietti verdi.
In seconda battuta, con una valuta comune sempre più debole, muoversi al di fuori dell’area euro potrebbe invece costare caro. E già oggi, coloro che hanno prenotato le vacanze di Natale oltreoceano o anche a Londra potrebbero trovarsi un’amara sorpresa sotto l’albero: un prezzo finale del viaggio lievitato e non di poco.
Per quanto invece riguarda gli strumenti finanziari, la divergenza delle politiche economiche delle Banche Centrali e il rafforzamento del dollaro sulla valuta comune, secondo gli esperti di Goldman Sachs, sosterrà prima di tutto il mercati finanziari europei, obbligazionari e azionari. In questo scenario, come spiega Stefano Turlizzi portfolio manager di Cassa Lombarda, «il mercato probabilmente, oltre a vendere valuta, continuerà ad acquistare i Btp che, soprattutto in questo periodo, appaiono molto correlati all’incisività delle mosse della Bce». Attenzione invece ai Paesi emergenti. Turlizzi avvisa infatti che il rafforzamento del dollaro «porterebbe a un inasprimento delle difficoltà dei Paesi emergenti indebitati in dollari e quindi soggetti a sempre maggiori oneri per ripagare sia gli interessi che la quota capitale dei prestiti ricevuti».