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 2015  novembre 30 Lunedì calendario

Elogio del telegramma, contro i cinguettii della vita moderna

I napoletani chiamavano il presidente Giuseppe Saragat, con una punta di affetto, «Peppino o’ telegramma»: ne spediva in quantità industriale, ogni occasione era buona. La lettura dei telegrammi di Saragat occupava metà del tempo dei giornali radio dell’epoca. Ma in alcuni casi è impossibile farne a meno, perché le parole del telegramma, rispetto alla volatilità di un medium alternativo, hanno la fermezza di una scritta incisa nel marmo. Succede all’apertura dei congressi o delle manifestazioni, dove sono invitate tutte le autorità, civili, militari e religiose; molti inviano telegrammi che iniziano: «Impossibilitato a intervenire per sopraggiunti impegni istituzionali, porgo i migliori auguri ecc. ecc».
Non riesco a immaginare il chairman mentre informa l’assemblea: «Il presidente della Repubblica non ha potuto essere presente e ci invia il suo cinguettio di auguri». È esistita la «telegram addiction», la dipendenza da telegrammi; ce l’aveva il grande Cesare Zavattini. A casa sua, a Roma, si riunivano i soci della Cooperativa Scrittori; fungevo da segretario e venivo via a notte fonda con una pila di telegrammi da spedire la mattina dopo. All’alba l’insonne Cesare mi telefonava per le ultime modifiche da apportare ai testi. Aveva avuto una reazione stizzita quando sostenni la tesi che il più bel racconto lungo del Novecento italiano per me era Il taglio del bosco di Carlo Cassola. Motivò la sua avversione per lo scrittore maremmano spiegando che una volta, non potendo recarsi a un convegno sul cinema e la letteratura, aveva inviato un telegramma nel quale esponeva le sue idee. Cassola, presidente di quella tornata, l’aveva aperta dicendo: «Abbiamo ricevuto un telegramma di Zavattini ma, siccome è troppo lungo, invece di leggerlo lo alleghiamo agli atti del convegno».
Alle svolte, felici o tristi della nostra vita (matrimoni, nascite, promozioni, trasferimenti, funerali) sono allegati fasci di telegrammi, tenuti insieme da un elastico e custoditi in un armadio. Fossero stati degli sms dove sarebbero ora? Siamo in molti ad augurare lunga vita al telegramma e alle acrobazie lessicali imposte dal conteggio delle parole. Un telegramma è il prodotto di una sequenza di atti concreti, c’è dietro una volontà precisa, non il capriccio di un gesto che non costa né fatica né soldi.