La Stampa, 30 novembre 2015
Fury, un altro Tyson re dei pesi massimi
Credevano fosse un pagliaccio invece è un campione del mondo. Tyson Fury ha battuto Wladimir Klitschko e gli ha strappato tre cinture dei pesi massimi in un incontro vinto ai punti, dominato a sorpresa e chiuso con una serenata. L’ucraino Wlad non perdeva dal 2004 e non era solo il favorito, era il re della boxe. Fury, uno che è arrivato alla presentazione della sfida vestito da Batman, lo ha detronizzato contro ogni pronostico. O quasi, perché qualcuno ha predetto il titolo a Tyson il giorno in cui è nato.
Il nome di battesimo arriva direttamente da Iron Mike ovvero da Mike Tyson, uno dei pugili più controversi, animale da ring che non è mai riuscito a umanizzarsi troppo una volta fuori, solo che Tyson Fury non si chiama così per questioni di tifo. È più complicato, più passionale e l’innesto con il destino è molto più efficace di così.
Il futuro nel nome
Tyson Fury è nato prematuro, due mesi prima del dovuto: pesava meno di un chilo e i medici hanno preparato i genitori al peggio. John, il padre, ex pugile che ha incrociato una certa fortuna all’inizio degli Anni Ottanta, non ha voluto prendere in considerazione l’ipotesi neppure per un secondo: «Mio figlio è un lottatore». Lo sapeva resistente, nato da una dinastia gitana (si fa chiamare Gipsy King), avi abituati a girare il mondo, a contrastare le situazione avverse. John, anche lui già noto come Gipsy John, lo voleva combattente, così gli ha dato il nome di un pugile. E il 12 agosto 1988 ce n’era uno solo: Mike Tyson aveva steso Michael Spinks in 91 secondi due mesi prima, un ko devastante: la definizione stessa di forza, il nome perfetto per il piccolo Tyson Fury. Nato per combattere e di certo nato con il bisogno di farlo subito.
C’è chi sostiene che il padre sia andato pure oltre, l’aveva già dichiarato «futuro campione del mondo» e per contrastare i pragmatici dottori, intenti a spiegare il calcolo delle probabilità, aveva pure definito il fisico: «Arriverà a 2 metri e 13 e peserà 127 chili». Non ci sono conferme agli echi della nursery, ma oggi Fury jr è alto 2 metri e nove centimetri, pesa 116 chili e soprattutto è campione del mondo. Un altro britannico, dopo Fitzsimmons, Lewis, Bruno e Haye. Papà John era al suo angolo per gentile concessione della giustizia di Manchester: Fury senior è fuori su cauzione. Nel 2011 ha rimediato 11 anni per aver cavato un occhio a un tizio in una rissa. Forse è lui quello più simile ad Iron Mike.
Canzoni da ring
Klitschko giocava in casa, a Düsseldorf, nella Germania dove vive e dove tante volte ha difeso le sue cinture. Voleva ritirarsi con il titolo invece adesso gli toccherà chiedere la rivincita a un avversario che ha iniziato a stimare a tempo scaduto, quando ormai il verdetto era evidente. È uscito scioccato, acciaccato, sorretto dalla moglie, l’attrice Hayden Panettiere appena uscita da una clinica dove si è ripresa dalla depressione post parto.
L’altra moglie invece stava al centro della scena, protagonista della seconda sorpresa della serata.
Fury era così sicuro di vincere che si è preparato la serenata, ha preso il microfono nel bel mezzo delle celebrazioni e ha schioccato le dita per far partire la ballata. Poi si è messo davanti a Paris e si è lanciato in «I Don’t Want To Miss A Thing» degli Aerosmith, dedicato al figlio che arriverà prossimamente.
Non è la prima cantata che Fury regala sopra un ring. Qualche giorno fa ha concesso alle telecamere schierate davanti all’ultimo allenamento un’ironica versione di «Wind Beneath My Wings». Un beffardo omaggio a Klitschko. Nel 2013 ha intonato «Keep it between the lines» dopo aver surclassato Steve Cunningham e in passato si è cimentato addirittura con Elvis Presley: «Walking in Memphis» alla fine dell’incontro con Christian Hammer. Ovviamente aveva vinto lui e fino a oggi non ha mai perso. Statistica immacolata e futuro scritto.
Dietro la maschera di Batman c’è un campione e ora non è più solo il desiderio di papà, è il destino di un bambino nato troppo presto e diventato tutto boxe e sentimento. Uno che prima picchia e poi canta. Se non facesse paura farebbe tenerezza.