la Repubblica, 30 novembre 2015
Murray regala la Coppa Davis alla Gran Bretagna dopo 79 anni
Gran Bretagna-Belgio è finita come il peggiore degli scommettitori aveva pronosticato. Se infatti voi schierate insieme al n. 2 mondiale Murray un buon doppista come il suo fratellino, e gli avversari si ritrovano con il n. 16 e il 56 del mondo, non può più accadere quello che fece soffrire – e vergognare – lo scriba su campi di dubbia moralità, quali Zagabria o Belgrado o Buenos Aires, o Bucarest, per non parlare di Milano e Roma. Ora, dopo la benefica invenzione di Mr. Hawk (Falco), i furti sono scomparsi, i giudici resi forzatamente onesti dallo strumento, ed è quindi impossibile ottenere un risultato immorale. Leggendomi venerdì qualcuno mi ha fatto notare che era già accaduto che un solo tennista vincesse la Davis, con la collaborazione di un buon doppista. E aveva citato Bjorn Borg, costringendomi a ricordare il suo partner di doppio Bengtson, nel ‘75. Ma la principale caratteristica di quest’anno, e insieme la decadenza della Davis non ha riguardato le vittorie della squadra formata da un solo giocatore e mezzo, quanto l’assenza, per motivi che risalgono al denaro, dei primi tennisti del mondo, Djokovic, Federer, Wawrinka, Nadal. Il nuovo presidente della Itf, Mr. Haggerty, ha timidamente accennato a mutamenti, indicando una eventuale assenza dal 1° turno (bye) della nazione vincitrice l’anno precedente. Gli scriverò quindi, appena terminate queste note, ricordandogli che la Davis, simile ad altre grandi competizioni quali l’America Cup di Vela, era stata architettata nel 1900 dal bostoniano Dwight Davis, tennista e poi Ministro della Guerra, secondo una formula tipica dei tornei anglosassoni, e cioè quella della Sfida al Campione (dell’anno precedente) abituale anche in tornei quali Wimbledon sino al 1921. Fu un italiano, il presidente della Fit Luigi Orsini (aficionado sino a farsi seppellire in abiti da tennis), a farsi promotore di un mutamento che, dalla formula del Challenge Round passò alla Finale (detta da alcuni Finalissima), dopo che anche il Paese detentore si era dovuto iscrivere, come tutti gli altri, al 1° turno. Ricordo benissimo la prima finale della storia nella Bucarest comunista del 1972, i romeni Nastase e Tiriac contro gli statunitensi Gorman e Smith, anche perché al 17° furto di un punto a Stan Smith (che ribattezzai San per la pazienza), iniziai a protestare ad alta voce, e fui arrestato dalla polizia. Nella lettera al Presidente mi permetterò di suggerire, quale rimedio, che si ritorni all’antica formula del Challenge Round, che faciliterà almeno al Paese vincitore di schierare i tennisti vincitori l’anno precedente. Permettendo così – forse – agli assenti di quest’anno di dedicare almeno una delle loro preziose e costosissime settimane alla loro patria.