Il Sole 24 Ore, 29 novembre 2015
Antonio Romano, l’uomo che disegnò la farfalla della Rai
Digitando Antonio Romano su alcuni motori di ricerca il primo record visivo è un’immagine del 2010 che lo ritrae all’interno del museo dell’Ara Pacis di Richard Meier. L’occasione dello scatto fu la retrospettiva romana che ripercorreva i trent’anni di carriera di questo operoso designer. Romano si è principalmente misurato con la grafica, l’immagine coordinata e la strategia d’impresa. Dopo le letture di Bruno Munari, Gillo Dorfles e Le Corbusier e la laurea in architettura, il dibattito culturale lo spinse a recuperare lo spirito europeo del Bauhaus come originaria fonte d’ispirazione e approccio metodologico. Su queste basi decise di aprire il suo studio. Era il 1980 è la ragione sociale era soltanto Studio Romano. I tempi e le sorti della crescita professionale che oggi lo hanno portato al vertice della realtà internazionale Inarea erano in divenire. Eppure la formula matita e segno grafico, dialogo e piglio multidisciplinare in quegli anni è nata e si è sviluppata fino a diventare la visione di decine di dipendenti che tra progettisti e operatori occupano le sedi e le reti dello studio in Italia e all’estero.
Il catalogo di marchi e identità visive disegnati da Romano è vasto ma l’abilità più apprezzata ancora oggi è quella di saper intervenire su marchi storici che necessitano di smalto e nuova energia comunicativa. È accaduto per la Rai con il logo antropo-zoomorfo della farfalla composta da volti sinuosi, passando per il redesign del cane a sei zampe di ENI a cui si è legato il ripensamento dello spazio, dei servizi e delle funzioni delle stazioni di rifornimento. La capacità di relazionarsi con organizzazioni complesse e istituzioni pubbliche fa di lui un mediatore culturale prestato al design dove la psicanalisi del cliente è diventa rieducazione di comunità, quella interna dell’azienda che decide di cambiare e quella esterna degli utenti che a un’impresa si riferiscono per un prodotto, un servizio o un intero sistema infrastrutturale.
Sono i casi di Trenitalia, di TIM, della Borsa Italiana ma anche del CONI e dei comuni di Milano e Roma capitale. Antonio Romano è pugliese d’origine ma sulla linea Termini-Centrale ha costruito una carriera e tornando a guardare al catalogo clienti per scorgere una poetica visiva che è politica perché dedicata al pubblico e italiana per l’uso delle forme e della campiture, si trovano i marchi dell’Università La Sapienza (dove ha anche insegnato), della Biennale di Venezia, di Cinecittà Luce e dell’ACI: codici grafici, logotipi che raccontano il made in Italy e le sfide di un paese che nella cultura, nel cinema, nella bellezza spesso si dimentica di credere e investire con costanza.
Chissà se Romano, ideatore anche dei loghi di Confindustria e dei sindacati Cgil e Cisl, non abbia sempre interpretato il suo ruolo di innovatore visivo e progettista integrato anche come sottosegretario ombra di un ipotetico ministero della grafica. In caso contrario glielo suggeriamo, il nostro paese ha bisogno di designer.