Il Sole 24 Ore, 29 novembre 2015
Sull’importanza di tenersi aggiornati al tempo della Mela
Quando Apple ha iniziato, il 30 settembre scorso, la distribuzione del suo nuovo sistema operativo Os X El Capitan, milioni di utenti hanno aggiornato i loro computer; altri milioni ci stanno pensando; qualcuno non lo farà per mesi. Perché? Una differenza tra frettolosi e pigri? Tra chi avverte l’urgenza dell’aggiornamento e chi ritiene di avere qualcosa di più importante da fare? Le tecnologie digitali che cosa ci invitano a fare? Favoriscono l’urgente o l’importante? Oppure stanno a guardare, come le stelle, senza influenzare le nostre scelte?
Iniziamo con un chiarimento. L’urgente appartiene alla logica del tempo. Ci parla del quando. Non ci dice che cosa è qualcosa, ma come deve essere fatta, perché è sinonimo di asap, as soon as possible, «il prima possibile». Una mail non è urgente di per sé, è come interagire con essa che può esserlo. Invece l’importante appartiene alla logica dei valori. Non ci dice come o quando qualcosa debba essere fatta, ma che qualcosa è una priorità all’interno delle nostre valutazioni. Una mail importante per il suo significato è una mail che vogliamo conservare. L’urgente e l’importante spesso si sovrappongono, ma non tutto ciò che è importante è anche urgente, e viceversa. Purtroppo entrambi indicano delle priorità e questo genera confusione, tra l’urgente, che fissa una priorità cronologica soggetta al “time management”, e l’importante, che fissa una priorità axiologica (cioè in una scala di valori), soggetta al “life management”. La confusione fa comodo al digitale, che ci distrae dall’importante mediante l’urgente.
Il digitale, per come si è evoluto storicamente, è legato allo sviluppo tecnologico aziendale consumistico e questo segue la logica del tempo, per diverse ragioni, di cui una è molto significativa. Il digitale, pur essendo una tecnologia che si basa sulla memoria, vive nel presente. L’apparente contraddizione è risolta dalla capacità del digitale di appiattire il passato in un illimitato presente, non sedimentato, e allungare il presente nel futuro, grazie a un orizzonte limitato.
L’innovazione digitale rincorre l’eterna novità. Ma questa si può vendere solo rivendendosi attraverso la sua autodistruzione: l’ultima novità di oggi in realtà non può essere ultima, perché dovrà essere necessariamente (e consapevolmente) rimpiazzata – nel nuovo oggi che sarà il domani – come obsoleta, in una costante riscrittura di se stessa. Il trucco sta nel farci dimenticare che il vecchio di oggi era il nuovo di ieri, e che il nuovo di oggi è il vecchio di domani. E qui subentra la gestione dell’orizzonte temporale: le aziende di successo riescono a fissare la nostra attenzione su un orizzonte temporale finito, che esse scandiscono. Non è un’operazione semplice. Se l’orizzonte di ciò che conta come il presente è troppo corto, il digitale entra in inflazione, con una novità che rimpiazza l’altra troppo velocemente, in una rincorsa alla svalutazione. Se l’orizzonte del presente è troppo lungo, il digitale entra in deflazione: chi dovrebbe rimpiazzare il nuovo con il “più nuovo” attende il “più nuovo”, danneggiando la logica del profitto. La vita ha cicli periodici, che si prestano naturalmente alla chiusura temporale (“entro un giorno”, “entro una settimana”, “mensile”, “bimestrale”, …, gli inglesi hanno anche “entro due settimane”, fortnightly) ma quello più ampio è l’anno. Oltre l’anno si sfora nel futuro. Delimitare l’innovazione tecnologica all’interno di questo orizzonte temporale è difficile, ma possibile. Le ultime tre versioni di Os sono state rilasciate ogni dodici mesi. La regolare scadenza dell’innovazione tecnologica non è tanto una questione di research and development ma di marketing.
Abbiamo perciò la risposta alla domanda iniziale: il digitale favorisce l’urgente presentandolo come l’importante. E una strategia, per chi vuole aspettare una decina di mesi: saltare direttamente alla prossima versione di Os X, quando rimpiazzeremo El Capitan.