il Giornale, 29 novembre 2015
Perché il decreto salvabanche è un ottimo affare per gli istituti che, però, fa piangere di rabbia i risparmiatori
Perché il decreto salvabanche è un ottimo affare per gli istituti che, però, fa piangere di rabbia i risparmiatori
Il decreto salva banche è un buon provvedimento per le banche importanti, che hanno molte sofferenze per crediti alla clientela, su cui hanno il diritto di ridurre le imposte future spalmando sui loro futuri imponibili le perdite che hanno già subito. Le banche, in analogia con le norme di questo decreto, potranno ora trasformare le plusvalenze fiscali in questione in crediti di imposta utilizzabili subito, perché cedibili sul mercato. Inoltre, se le imposte future verranno ridotte, il loro credito di imposta attuale non sarà intaccato, mentre le plusvalenze fiscali usabili in futuro perdono di valore in proporzione alla riduzione dei soldi risparmiati con le detrazione future.
Ma questo decreto fa invece piangere di rabbia i risparmiatori che hanno comprato azioni delle banche salvate perché il loro capitale azionario con questa legge, viene azzerato; e vengono azzerate anche le obbligazioni emesse, qualora si tratti di prestiti subordinati. Le banche in questione vengono salvate con i soldi del fondo interbancario di garanzia a cui contribuiscono tutte le banche. E molte banche minori protestano perché non ricevono nulla in cambio della erogazione di quote del fondo comune di garanzia. Ma si può dire loro che questo sacrificio serve alla reputazione del sistema bancario italiano e rassicura sulla sua solvibilità, creando un precedente di reciproco aiuto. Argomentazione opinabile, ma plausibile.
Nulla di analogo si può dire invece ai risparmiatori che vedono azzerati per legge i loro investimenti finanziari. Essi sono stati traditi dalle banche a cui hanno conferito questi denari, ora rimesse a nuovo dopo aver sperperato denaro altrui con gestioni azzardate. E sono stati traditi da una legge che interviene retroattivamente per stabilire una responsabilità dei risparmiatori che prima non c’era. Non vale dire che, comunque, sul mercato quelle azioni e obbligazioni valevano ormai poco più di zero. Infatti i risparmiatori potevano sperare in un recupero parziale tramite un concordato preventivo in una procedura prefallimentare. Ora una legge retroattiva distrugge tale speranza. Accanto al danno c’è una beffa che fa puzzare il decreto di incostituzionalità.
Per l’articolo 47 della Costituzione la Repubblica promuove e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Le norme retroattive che limitano i diritti di azionisti e obbligazionisti non tutelano, né tantomeno promuovo il risparmio. Se la norma vale per il futuro e non per il passato, il risparmiatore si può regolare, ma non in questo caso. Doppia beffa perché l’articolo 23 della Costituzione stabilisce che nessuna prestazione personale o patrimoniale può esser imposta se non in base a una legge. E la norma retroattiva che toglie al risparmiatore un diritto che aveva gli impone una prestazione patrimoniale relativa al passato, quando lui non ne poteva esser a conoscenza. Né si può dire che abbia una capacità contributiva presente per sopportarla, visto che perde l’«intero». Il Parlamento dovrà ben riflettere su ciò e trovare un rimedio per questo danno ingiusto che può dare luogo a nuovi pasticci legali.