La Stampa, 29 novembre 2015
L’arte della scagliola, ovvero come dipingere con la pietra
Bisogna aver pazienza, saper aspettare, accettare e rispettare i tempi lenti e naturali della materia, godendo di ogni attimo che trasforma un granello di polvere bianca in un’opera d’arte».
La fatica, arcaica e sempre uguale, dello scalpello battuto per giorni contro la pietra. Il sudore e la stanchezza, ripagati dal piacere dato delle linee che prendono forma, consistenza e spessore. L’addomesticamento dei colori e delle sue sfumature: imprevedibili, cangianti, indefinibili. E poi la pietra pomice. Dura, resistente, che leviga e lucida. Rendendo credibile l’illusione di un dipinto che dipinto non è, perché è il frutto di un raffinato alternarsi di intagli, intarsi e gettate di composti dalle tinte variegate. È l’antica arte della scagliola. Arte che prende il nome proprio dalla stesso gesso utilizzato, conosciuto anche con il nome selenite o, più poeticamente, “Pietra di Luna”.
Una tecnica nobile e complessa, nata a Carpi all’inizio del 1600, adottata poi da artigiani toscani nel Settecento prima di diffondersi nel resto d’Italia ed Europa. E che oggi rivive nella bottega “Bianco Bianchi” di Pontassieve, in provincia di Firenze, grazie ad Alessandro ed Elisabetta. «Il merito è tutto di papà, è stato lui a mantenere viva nel nostro Paese la scagliola – spiega Alessandro – Dalla metà dell’Ottocento, con l’arrivo della rivoluzione industriale, è stata quasi completamente dimenticata. Il babbo invece, un impiegato statale presso gli uffici del Ministero degli esteri con una passione sfrenata per la pittura, l’ha riscoperta visitando l’Opificio delle Pietre dure di Firenze. Un incontro che ha cambiato la sua e la nostra vita». Bianco Bianchi infatti, con tenacia e inventiva, inizia a studiare nei minimi particolari questa arte, rifacendosi a grandi del passato come Enrico Hugford o i fratelli Della Valle, allestendo un piccolo laboratorio in una stanza della casa. E con lungimiranza comincia ad acquistare nei mercatini e da privati scagliole di tutti i tipi: quadri, pale d’altare, colonne, tavoli e frammenti di arredamenti vari.
Una ricchissima collezione, di oltre 130 pezzi, probabilmente la più famosa al mondo, tanto che una selezione proprio in queste settimane è ospitata al Museo Nazionale di Vilnius, in Lituania. «Nel Dopoguerra ha fatto una scelta coraggiosissima: lasciare la propria professione per dedicarsi completamente al suo passatempo, decidendo di aprire una bottega per riportare turisti da tutto il mondo a Firenze ad acquistare scagliole. Scelta favorita dal figlio dello scrittore Giuseppe Prezzolini, che affascinato dalle creazioni del babbo gli ha aperto il mercato negli Stati Uniti: è diventato famoso prima là che qua». Per Alessandro ed Elisabetta, cresciuti nella magia delle pietre colorate, diventa così naturale raccogliere l’eredità del padre e dedicarsi con abilità alla manipolazione della “Pietra di luna”. «Abbiamo fatto nostri i suoi insegnamenti e anche i suoi racconti. Abbiano respirato tutto il suo sapere, fatto di libri e di incontri, di piccoli segreti e del confronto continuo con amici e colleghi. Ora continuiamo la tradizione, cercando di contaminare le tecniche originali con nuovi materiali e immagini più contemporanee». Non più quindi solo la scagliola, il marmo oppure l’ardesia come base su cui operare: legno e plexiglass diventano le nuove sfide su cui sperimentare a colpi di scalpello. Mesi di lavoro, per preparare la forma, riportare il disegno, scalfire con forza, preparare gli impasti con gesso colla animale e pigmenti naturali da colare e depositare attentamente con la spatola. Per poi aspettare i tempi della asciugatura, sei, sette ore, prima di ricominciare per creare ombre, sfumature e profondità. «È tutta questione di bilanciamenti e di proporzioni: a volte serve un violento colpo di mazzuolo, altre volte un graffio di pochi millimetri. Ci sono soggetti facili da fare, altri invece che richiedono decine di passaggi per aggiungere minimi particolari. Ogni decorazione ha una sua storia, le sue complessità, richiede una particolare meticolosità: è una ricerca continua di armonia ed eleganza, equilibrio ed unicità».
Un’unicità, e un’eccellenza, amplificata anche dai nomi che hanno frequentato negli anni la bottega Bianchi, per comprarsi una scagliola d’autore: da Vittorio Gassman ad Umberto Agnelli, passando per Luciano Pavarotti, Ugo Tognazzi e Gianni Versace. Mentre una splendida riproduzione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore è stata realizzata appositamente per il Presidente della Repubblica Mattarella, come omaggio della città durante la recente visita al capoluogo toscano. «Sarebbe importante e vitale che le botteghe potessero tornare nel centro delle metropoli: una sorta di neorinascimento, in grado di creare cultura e capace di produrre un indotto turistico dato da chi si muove sulle tracce del bello e del ben fatto». Fiori, uccelli, pesci, frutti e ornamenti che evocano il neoclassico fanno capolino da ogni angolo del laboratorio. Tra polveri colorate, mortai in cui pestare la selenite e le punti affilate dei bulini con cui incidere le tavole, Alessandro ed Elisabetta si divertono a riprodurre il loro mondo, antico e contemporaneo: «È la nostra arte: un’alchimia perfetta, tra passato e futuro. Tra tecnica e fantasia. Tra passione e ostinazione».