La Stampa, 29 novembre 2015
Muro anti-profughi anche in Macedonia
Per giorni hanno visto gli altri passare. Gli «altri» profughi, quelli in fuga dalle guerre – siriani, iracheni e afghani -, gli unici autorizzati ad attraversare il confine tra Grecia e Macedonia per proseguire il viaggio verso l’Europa attraverso i Balcani. Loro no. Sono stati respinti e bloccati. E ieri, stremati dall’attesa e dal freddo, tra i 1500 migranti – per la maggior parte originari di Iran, Pakistan, Bangladesh e Somalia – è scoppiata la rabbia: di fronte ai loro occhi l’esercito macedone ha iniziato la costruzione di una barriera metallica lungo la frontiera meridionale con la Grecia per impedire il transito dei migranti. Davanti al valico greco di Idomeni, i militari hanno piantato lunghi pali metallici e hanno srotolato il filo spinato per creare protezioni simili a quelle realizzate dall’Ungheria lungo i confini con Serbia e Croazia. L’ex repubblica jugoslava diventa così il terzo Paese di transito lungo la rotta balcanica – dopo Ungheria e Slovenia – a costruire un muro alle frontiere per bloccare l’arrivo dei rifugiati diretti in Austria e Germania.
E da alcune settimane la Macedonia, come Slovenia, Croazia e Serbia, consente l’ingresso nel Paese solo a profughi provenienti da zone di guerre e conflitti chiudendo le porte invece al resto dei migranti cosiddetti «economici», che a centinaia spingono al confine greco-macedone, dove a più riprese organizzano movimentate proteste e tentativi di sfondamento.
Ieri almeno diciotto poliziotti sono stai feriti durante i disordini scoppiati al varco di confine di Idomeni-Gevgelija, lungo la principale strada che collega Salonicco a Skopje. Lanci di pietre e bottiglie contro il cordone di polizia che impedivano l’ingresso in Macedonia.
Per giorni hanno visto gli altri passare. Gli «altri» profughi, quelli in fuga dalle guerre – siriani, iracheni e afghani -, gli unici autorizzati ad attraversare il confine tra Grecia e Macedonia per proseguire il viaggio verso l’Europa attraverso i Balcani. Loro no. Sono stati respinti e bloccati. E ieri, stremati dall’attesa e dal freddo, tra i 1500 migranti – per la maggior parte originari di Iran, Pakistan, Bangladesh e Somalia – è scoppiata la rabbia: di fronte ai loro occhi l’esercito macedone ha iniziato la costruzione di una barriera metallica lungo la frontiera meridionale con la Grecia per impedire il transito dei migranti. Davanti al valico greco di Idomeni, i militari hanno piantato lunghi pali metallici e hanno srotolato il filo spinato per creare protezioni simili a quelle realizzate dall’Ungheria lungo i confini con Serbia e Croazia. L’ex repubblica jugoslava diventa così il terzo Paese di transito lungo la rotta balcanica – dopo Ungheria e Slovenia – a costruire un muro alle frontiere per bloccare l’arrivo dei rifugiati diretti in Austria e Germania.
E da alcune settimane la Macedonia, come Slovenia, Croazia e Serbia, consente l’ingresso nel Paese solo a profughi provenienti da zone di guerre e conflitti chiudendo le porte invece al resto dei migranti cosiddetti «economici», che a centinaia spingono al confine greco-macedone, dove a più riprese organizzano movimentate proteste e tentativi di sfondamento.
Ieri almeno diciotto poliziotti sono stai feriti durante i disordini scoppiati al varco di confine di Idomeni-Gevgelija, lungo la principale strada che collega Salonicco a Skopje. Lanci di pietre e bottiglie contro il cordone di polizia che impedivano l’ingresso in Macedonia.