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 2015  novembre 29 Domenica calendario

Perché non sta in piedi il processo a Nuzzi e Fittipaldi

Un processo giusto? Il processo in corso davanti al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano contro i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, rispettivamente autori dei libri Via Crucis e Avarizia, suscita taluni dubbi sia circa la fondatezza e la perseguibilità delle accuse contestate nonché la violazione di principi universali del diritto di difesa, e sia circa l’indipendenza del Collegio giudicante. Cominciando da quest’ultimo aspetto, si osserva che per i giudici vaticani (i quali non sono inamovibili né intrasferibili come quelli italiani o francesi) non è previsto né uno Statuto di garanzia che li ponga al riparo da indebite ingerenze o illecite pressioni, né un Organo di rilevanza costituzionale (come il nostro Csm) che li tuteli di fronte agli altri poteri. Essi, del resto, sono diretta emanazione dal Sommo Pontefice da cui sono nominati e nel cui nome il potere giudiziario viene esercitato. E tuttavia, anche in questo quadro istituzionale che fa della magistratura d’oltre Tevere un unicum in tutta Europa, esiste pur sempre uno scudo costituito dall’articolo 2 della legge 21 novembre 1987 n. CXIX per il quale «i magistrati nelle loro decisioni sono soggetti soltanto alla legge», norma integralmente mutuata dall’ art. 101 della Costituzione italiana. Ciò che invece desta gravi dubbi è, da un lato, la chiara violazione del diritto fondamentale di difesa degli imputati con il divieto di nominare propri avvocati di fiducia e di ottenere copia di tutti gli atti processuali, e, dall’altro, un impianto accusatorio costruito dal Promotore di Giustizia con una imputazione (artt.63 e 116 bis Cod. Pen. Vatic.: «per essersi illegittimamente procurati e successivamente… rivelato notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato») che appare come un contenitore vuoto. Quali notizie, quali documenti, quali interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato sarebbero stati lesi? Interessi politici, economici, religiosi o altri? Né il Promotore si è curato, nella pubblica udienza, di integrare il capo di accusa specificando i singoli fatti e indicando le prove a carico in modo da consentire alla difesa di dimostrare che le notizie erano vere, i documenti non erano stati sottratti con la frode o con l’inganno, e la conoscenza delle une e degli altri era certamente di interesse pubblico. È forse questo il «Giusto Processo» cui gli imputati hanno diritto secondo l’art. 35 della Legge vaticana di modifica del codice di procedura penale dell’ 11 luglio 2013? Senza contare, infine, che il fatto è stato commesso in Italia, dove i due libri sono stati stampati e distribuiti, e dove esso non costituisce reato: il che impedirebbe, in caso di condanna alla reclusione, l’estradizione dei due giornalisti, vietata dall’art.13 del codice penale, poiché qui la rivelazione penalmente illecita (art. 262 cod.pen.) è quella di notizie di cui l’Autorità (italiana) abbia vietato la divulgazione.