Corriere della Sera, 29 novembre 2015
Un’altra strage di un americano armato. Assalto, stavolta, a una clinica dove si praticano aborti. Tre vittime
NEW YORK Di nuovo lo stesso copione: mentre l’Europa vive nell’incubo degli attentati di matrice jihadista organizzati dai terroristi dell’Isis, l’America, meno esposta ai colpi dell’estremismo islamico, subisce l’ennesimo attacco di un «cane sciolto» il cui atto violento diventa devastante perché condotto con armi d’assalto. Stavolta la matrice non va ricercata in un odio patologico contro una minoranza etnica o religiosa. L’obiettivo non era una chiesa evangelica della comunità nera come avvenuto a Charleston qualche mese fa o un tempio sikh, come tre anni fa in Wisconsin. L’assassino stavolta ha sparato contro una clinica degli aborti della rete Planned Parenthood uccidendo tre persone tra cui un poliziotto e ferendone altre nove.
Il killer potrebbe essere una persona con problemi mentali suggestionato dalla campagna degli integralisti evangelici che da mesi attaccano l’organizzazione sanitaria per i controllo delle nascite: prima la pubblicazione di un video nel quale si vedono medici che discutono dei rimborsi da chiedere per forniture di tessuti fetali (provenienti da aborti) a fini di ricerca; poi la battaglia condotta dalla maggioranza repubblicana in Congresso per privare Planned Parenthood di ogni finanziamento pubblico; infine le proteste continue davanti agli ambulatori dell’organizzazione e anche numerosi atti violenti.
Le leggi federali autorizzano la cessione di tessuti fetali a fini di ricerca e per trapianti. Vietata la vendita a fini di lucro, ma si possono ottenere rimborsi delle spese. «Planned Parenthood» dice di essersi mantenuta entro questi limiti, ma non è bastato: da quando sono stati pubblicati i video, diverse bombe rudimentali sono state fatte esplodere davanti ai laboratori dell’organizzazione. In genere di notte, senza fare vittime. I medici abortisti sanno da tempo di essere sotto tiro e infatti molti di loro indossano giubbotti antiproiettile mentre le loro cliniche devono essere difese dalla polizia. Lo era anche quella di Colorado Spings, in Colorado, a due passi dalla sede di Focus on the Family, una delle più importati organizzazioni del conservatorismo cristiano, quando l’altro ieri è stata attaccata da Robert Lewis Dear: uno stralunato 57enne con una lunga barba, sconosciuto alla polizia del Colorado, Stato nel quale si era trasferito da appena un anno. Lo conoscevano, invece, in North e South Carolina, gli Stati nei quali aveva vissuto in precedenza. Ma anche qui la sua storia criminale era una sequenza di piccoli reati: mai qualcosa di veramente serio o indizi di fanatismo religioso.
Robert Dear si è appostato nel parcheggio che divide la clinica di Planned Parenthood dove lavora anche uno dei medici ritratti nel video della campagna dei cristiani integralisti, e un centro commerciale, a quell’ora affollatissimo: tradizionalmente per gli americani il venerdì dopo la festa del Ringraziamento è il giorno dell’anno maggiormente dedicato allo shopping, il cosiddetto «Black Friday», alimentato anche dai generosi sconti offerti da tutte le catene commerciali.
Incurante di quello che si muoveva attorno a lui, Dear ha aperto il fuoco uccidendo Garrett Swasey, un poliziotto del corpo di guardia alla vicina università e altre due persone che frequentavano la clinica, ma ha sparato all’impazzata anche sui veicoli che entravamo e uscivano dal parcheggio, prima di penetrare nell’ambulatorio nel quale è rimasto asserragliato per quasi cinque ore. Sparatorie a ripetizione, altri quattro poliziotti e diversi civili feriti, mentre negli edifici tutto in intorno – uffici, negozi, banche – la gente si chiudeva dentro e si nascondeva nel timore di essere raggiunta dall’assassino. Nell’ambulatorio del controllo delle nascite, tutti asserragliati e chiusi a chiave nella sala delle ecografie. Poi, alle 4 del pomeriggio, l’improvvisa resa: Dear ha smesso di sparare e si è consegnato agli agenti.
Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca, ha subito espresso piena solidarietà all’organizzazione sotto attacco: «Ora e sempre a fianco di Planned Partenhood», ha scritto in un tweet, mentre Barack Obama ha manifestato il suo dolore rabbioso e impotente per l’ennesima carneficina dovuta anche alla facilità con la quale negli Stati Uniti ci si possono procurare armi da guerra capaci di sparare colpi a raffica. «Non possiamo accettare che tutto questo diventi normale», ha detto il presidente americano. «Se veramente vogliamo evitare che questi episodi continuino a ripetersi, se vogliamo distribuire condoglianze e solidarietà alle vittime, Dio solo sa per quante volte, avendo la coscienza a posto, allora dobbiamo fare qualcosa per rendere meno facile l’accesso alle armi da guerra». Un altro appello che cadrà nel vuoto.