Corriere della Sera, 29 novembre 2015
I cento gruppi della guerriglia interna alla Turchia
WASHINGTON Troppe le forze in movimento in questa fase in Turchia. Terroristi, servizi, mani interessate a tenere vivo il fuoco attorno alla crisi curda spezzettata in tanti segmenti.
Il primo oppone Erdogan ai separatisti del Pkk. Nessuno ha voglia di fermarsi nonostante le decine di migliaia di vittime dall’84 ad oggi. Il presidente promette lotta totale, continua a bombardare e reprimere, usa il nodo a fini nazionalistici. I guerriglieri ribattono colpo su colpo.
Più volte in questi ultimi anni si è parlato di negoziato e poi si è ripiombati nel ciclo di violenza. Con il ritorno di misteriosi gruppi anti curdi, come i «leoni di Allah», che ricordano le squadre della morte del passato e le imboscate ai soldati. Spesso l’incendio si è unito a quello siriano.
Appena oltre il confine turco sta crescendo il movimento Ypg, molto vicino al Pkk. Protagonista della resistenza a Kobane contro l’Isis, si è trasformato nel miglior alleato della coalizione a guida americana. Impressionante la parte di territorio che ha sottratto al Califfato. Ankara ha guardato tutto con preoccupazione, irritata per il patto d’azione (e di interesse) tra l’America e i marxisti curdi. Washington è convinta della scelta fatta ed ha rifornito di armi i militanti pur mimetizzando il tutto creando una nuova sigla insieme a formazioni di ribelli siriani.
È così nata una fanteria con l’ombrello dell’Us Air Force. In teoria dovrebbe puntare su Raqqa, una delle città in mano allo Stato Islamico. Ma al tempo stesso i curdi non dimenticano di essere tali e vorrebbero spingersi invece a occidente, verso Jarabulus, per completare la costruzione della Rojava, la loro entità, arrivando fino all’enclave di Afrin. Piano che provoca il mal di stomaco a Erdogan.
È tema delicato che spinge la Casa Bianca alla prudenza. Ma l’Ypg può esplorare altre strade, in particolare con Mosca. I leader del movimento sono pronti a coordinarsi con il Cremlino e chissà che non sfruttino a loro vantaggio la tempesta tra lo Zar e il Sultano. Non meno complicato il rapporto con la resistenza siriana. In alcune zone c’è azione comune, in altre si pigliano a fucilate. Nei giorni scorsi l’Ypg, insieme a reparti dell’Fsa (insorti pro occidentali) ha dato battaglia agli islamisti di Al Nusra nel settore di Aleppo. Per molti oppositori i curdi siriani non sono proprio dei fratelli. Anzi, li vedono come dei collaborazionisti del regime.
E le tensioni camminano rapide. L’Ypg ha rapporti complicati con i peshmerga del Kurdistan (Iraq), raramente si aiutano, volentieri litigano. Differenze che in alcuni angoli coinvolgono gli yazidi. Quest’ultimi, nei giorni scorsi, sono stati protagonisti di scontri a fuoco con i curdi iracheni, a loro volta divisi e alle prese con le milizie sciite nella regione di Tuz. Non è finita. Ci sono ancora i curdi iraniani, alleati del Pkk e nel mirino dei pasdaran. Strana situazione dove lo smembramento della Siria crea opportunità per i curdi, ma è utile ai loro nemici per mettersi di traverso, specie quando è più facile usare la forza contro il nemico e figure di peso come Tahir Elci.