ItaliaOggi, 28 novembre 2015
A proposito dei leccaculo
Due vie parallele: la via di chi mette i potenti in burletta e quella di chi invece se li arruffiana. Meglio la prima, sicuro, sotto il profilo etico e politico. Ma anche la seconda via ha le sue virtù, se non altro sotto il profilo delle «strategie evolutive»: sopravvivere nell’ombra del potere, ricorrendo a moine e lusinghe per ottenere favori, è un’arte sottile, ma soprattutto è un’arte antica, profondamente umana.
Autrice di Storia pettegola d’Italia, Newton Compton 2015, pp. 340, 9,90 euro, Cinzia Giorgio racconta la storia di quanti, nel nostro paese, attraverso i secoli, si sono battuti contro i potenti con l’arma devastatrice del’ironia, del pettegolezzo, della satira, della maldicenza. Richard Stengel, ex direttore di Time e sottosegretario di stato per la diplomazia e gli affari pubblici nell’amministrazione Obama, illustra invece «teoria e storia» della piaggeria nel suo Manuale del leccaculo, Fazi 2015, pp. 384, 14,50 euro, ebook 6,99 euro. Cinzia Giorgio mette in scena gli storici che non hanno fondato la storia «sui documenti», come si pretende adesso, quasi che la storia meritasse tutto questo credito, ma l’hanno fondata sugli aneddoti, sulle insinuazioni, sulle storielle osé e anche un po’ sulle calunnie: lo stesso repertorio di cui si nutrivano nell’antichità i versi dei poeti satirici e i libri degli storici senza devozioni, dagli epigrammi di Marco Valerio Marziale alle Vite dei Cesari di Gaio Svetonio, e gli stessi pregiudizi di cui si sarebbero nutriti più tardi i giullari, Pietro Aretino e Gioacchino Belli, su su fino ai moderni eredi delle pasquinate: Ennio Flaiano, il gossip, i comici televisivi, i corsivisti dei giornali.
Tutti costoro hanno raccontato e ancora raccontano la storia senza troppo badare ai fatti, che troppo spesso hanno poco a che fare con la verità: c’è più verità, per capirci, riguardo agli ultimi vent’anni di storia italiana nel racconto delle serate eleganti a casa Berlusconi, nei congiuntivi di Tonino Di Pietro e nelle barche a vela di Massimo D’Alema che in tutte le leggi votate dal partito di plastica o dai partiti suoi avversari.
Idem la piaggeria, come la racconta Richard Stengel nel suo libro. Anche la piaggeria, infatti, è un modo adulto di confrontarsi col potere, senza lasciarsene illudere.
Teste vuote ma gonfie, i potenti sono sordi per deformazione mentale a qualunque critica, specie ragionevole, di cui diffidano per istinto: un punto di vista sensato sul corso del mondo mostra infatti che la loro presenza al tavolo grande, dove si prendono le grandi decisioni, è nel migliore dei casi ininfluente, nel peggiore catastrofica.
Ma sono potenti, e alle parole oneste reagiscono sempre molto male, mostrando i denti e sfoderando gli artigli (come possono testimoniare molti talenti satirici, da Petronio Arbitro, autore del Satyricon, ad Aleksandr Solzenicyn, autore d’Arcipelago Gulag). Reagiscono benissimo, in compenso, alle parole disoneste; ed è qui che si fa avanti, con un inchino e un «riverisco», il leccaculo (una categoria che si divide in due, il semplice calcolatore e il depravato cui piace proprio il sapore).
Apparentemente diverse, di qua il ruffiano, di là il diffamatore, le due storie sono meno incompatibili tra loro di quanto appaia a prima vista. C’è qualcosa di satirico, infatti, anche nelle ridicole lusinghe del cortigiano, e pertanto c’è qualcosa dell’imbecille senza rimedio in chi accetta come dovuti i salamelecchi più immaginifici. Solo un perfetto idiota può non capire che quando un leccastivali gli dà del Padre dei popoli, dell’Uomo della Provvidenza, del Leader Eterno, del Grande Timoniere o anche solo dell’Onorevole non gli sta leccando i fondelli ma lo sta prendendo, magari involontariamente, per il cecio.