Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 28 Sabato calendario

Arriva il film su Casale Monferrato e la strage dell’Eternit

Il film sulla strage dell’amianto torna dove tutto è cominciato. Dopo la proiezione per la stampa di ieri, a Roma e a Milano, lunedì «Un posto sicuro» di Francesco Ghiaccio arriva alla sala Cinelandia di Casale Monferrato. L’anteprima serale per la città verrà replicata martedì e mercoledì.
«Ed è una promessa che manteniamo per una comunità – sottolinea il regista – che ci ha accolto con amore, aiutandoci a lavorare meglio».
Con lui, nato a Torino, ma che a Casale vive da molti anni, incontreranno il pubblico i protagonisti Marco D’Amore e Giorgio Colangeli, nella finzione Luca e il padre Eduardo, pensionato Eternit.
In tutta Italia
Dal 3 dicembre, distribuzione in 60 copie in tutta Italia. E nel titolo c’è già tutto, perché quello era considerato un impiego da non perdere, con salari superiori alla media del 30 per cento, comprensivi di un’«indennità polvere» che oggi suona particolarmente sinistra. A trent’anni dalla chiusura della fabbrica, dopo duemila morti soltanto a Casale e la gente che al ritmo di una cinquantina di casi l’anno continua a soccombere al mesotelioma, il significato di «posto sicuro» è tutto diverso. La città aspira a diventarlo ed è già la più bonificata del Paese. E se la sentenza della Cassazione ha spento il 19 dicembre 2014 le speranze di chi ha lottato per quarant’anni, prescrivendo il reato di disastro, «una strada è tracciata», dice Ghiaccio. «Casale per prima ha parlato al mondo del pericolo amianto, non disperiamo neanche per quei Paesi che ancora fingono di non essersene accorti».
Bianco di polvere
Il suo film è tutto bianco di polvere e ti lascia con la gola serrata, la storia di un padre e di un figlio estraniati che la malattia fa rincontrare. Luca sta sprecando la vita, ha talento per la recitazione ma si limita ai giochi di prestigio per le feste dei ricchi. Eduardo non gli ha neanche detto di aver ricevuto la diagnosi terribile: è una telefonata dei medici a tradirlo, quando una crisi lo porta in ospedale. Si scannano, poi capiscono che l’uno ha bisogno dell’altro. Luca, che forse ha incontrato la ragazza giusta (è impersonata da Matilde Gioli, esordiente di spicco nel «Fattore umano») capisce che, per quel poco di vita che rimane a suo padre, non avrà tempo che per lui. Ancora Ghiaccio: «Siamo nel 2011 nell’imminenza del primo processo, il momento in cui finalmente si cominciò a capire». L’«Immortale», il killer di «Gomorra» Marco D’Amore, che del film è anche cosceneggiatore, confessa di averci travasato «molto del rapporto con mio padre, dei ricordi d’infanzia. Vengo da un’altra parte d’Italia ma qui mi sono subito sentito a casa». E a una scena familiare tenera eppure da incubo fa riferimento Nicola Pondrano, principale testimone d’accusa per conto della Procura al processo di Torino, tra coloro che più hanno aiutato Ghiaccio nel suo lavoro di ricerca: «Nel 1974, quando venni assunto, ero un capellone di 24 anni già con moglie e una bimba piccola. La sera, quando tornavo a casa, lei giocava a togliermi le stelline luminose dalla testa. Erano filamenti di amianto: da allora ho il terrore di averla contaminata». La scena è stata rievocata nel film, signor Pondrano, ma lei e sua figlia, per fortuna, state bene. «E guardiamo avanti con ottimismo, lo devo alle centinaia di amici che ho visto morire. Eppure non me lo perdonerò mai. Di sicuro il film andrò a vederlo. Ma da solo, di nascosto».