La Stampa, 28 novembre 2015
Nella scuola che vieta i canti religiosi a Natale
Un crocifisso in segreteria. Un’immaginetta di Cristo con tanto di ramo di ulivo dietro la scrivania. «C’era già prima, non la tolgo. Ce l’ho pure a casa», si schermisce Marco Palma, direttore dell’Istituto Garofani di Rozzani, scuole materne elementari e medie, 1000 alunni, 200 stranieri. Crocifisso pure lui per aver bandito i canti religiosi dalla festa di Natale e non aver reintrodotto simboli cristiani nelle aule, tolti 14 anni fa ai tempi dell’ultima ristrutturazione e mai rimessi. Qualche genitore gli ha scritto mail non simpatiche. La politica si è sollevata. Ma lui tira dritto: «Io penso soprattutto a non creare imbarazzo o disagio a qualcuno. Se nelle classi decidono di fare diversamente possono farlo... Penso ai genitori di bambini stranieri o ai tanti alunni non cristiani. Mi spiace che le beghe dei grandi ricadano sulla testa dei ragazzi. Figuriamoci, mi ha cercato pure Matteo Salvini...».
Il leader della Lega guida la crociata e promette di portare un presepe in regalo: «Cancellare la festa di Natale è una cazzata galattica. Cancellare le tradizioni è un regalo ai terroristi dell’Isis, chissà quanto stanno ridendo...». Ma non è il solo a mettere in croce questo preside, asserragliato in ufficio come in trincea, Babbo Natale a far da guardia. Maurizio Lupi, il ciellissimo ex ministro e presidente di Area popolare cinguetta via Twitter: «La scuola è pubblica. E nella nostra vita pubblica c’è Natale, il presepe e i nostri canti». Roberto Calderoli, ex ministro della Lega è pronto alla battaglia: «Giù le mani dal Natale...». Mariastella Gelmini, ex ministro all’istruzione di Forza Italia chiede l’intervento del suo successore: «Il ministro Giannini intervenga. Quel preside è inadatto».
Solo dietro ai cancelli verdi di questa scuola non c’è tutta questa tensione. In corridoio insieme ai festoni di Natale compaiono pure gli angioletti disegnati su grandi fogli di cartoncino. Giovanna Cozzolino, madre di 4 figli in questa scuola, ha un diavolo per ricciolo: «I crocifissi non ci sono da 15 anni. I canti religiosi di Natale non ci sono mai stati. Ma di cosa stiamo parlando? Alle riunioni dei genitori nessuno ha mai sollevato il problema. In classe i ragazzi parlano di problemi veri, anche dei fatti di Parigi...». Non si capisce se sia il monumento al molto politicamente corretto o se attorno a questa scuola, investita da una inattesa campagna di stampa, non ci sia qualche problema più politico che educativo.
È vero che qualche genitore ha chiesto di far cantare ai bambini «Ardeste fideles» e «Tu scendi dalle stelle» invece delle filastrocche di Gianni Rodari e della musica di Sergio Endrigo alla festa di Natale del 17 dicembre che non ha un nome, ma hanno già detto che è la Festa dell’Inverno quasi a rimarcare il solco. Un papà con i capelli brizzolati raccolti in una coda, va giù duro mentre suona la campanella: «Quei beduini non pagano i libri di scuola e nemmeno la mensa. Vogliono comandare a casa nostra...». Magari parole non troppo in spirito natalizio. Il solito ritornello che si trova in tutti i paesoni delle cinture metropolitane. Il sindaco di Rozzano Barbara Agogliati del Pd non condivide la scelta del preside, sa che non può imporre niente ma punta al dialogo: «Non sono d’accordo, ho chiesto al preside di reintrodurre i canti. Questo è un comune della tolleranza e dell’accoglienza. Quella decisione presa non fa che esacerbare gli animi. Mi dispiace solo che ci siano politici che vogliano pure strumentalizzare il Natale». I grandi litigano ma nella testa dei ragazzi c’è altro. Sabrina, 16 anni e felpona scura è stupita: «I professori stamattina ci hanno spiegato tutto. Ma tra noi non parliamo di queste cose». Yussef, due anni di meno, origini nordafricane ma nato in Italia si stringe nelle spalle del suo giubbottone blu: «A me non interessa se mettono il crocifisso nelle classi. Non mi dà fastidio. Sono i grandi che litigano per queste cose».