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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

A Vienna, nel salotto di Anna Sacher con Arthur Schnitzler che mangiava ostriche, Francesco Ferdinando che firmava autografi sulle tovaglie e Sissi che faceva capolino con la sua carrozza

Mentre a Parigi si discuteva di Art Noveau al Chat Noir, uno sgangherato circolo letterario situato ai piedi della collina di Montmartre e divenuto in tempi Belle Époque un ritrovo imprescindibile per poeti e chansonnier, dall’altra parte dell’Europa, nell’epicentro dell’Impero Austro-Ungarico, la Vienna nobiliare e quella nuova alto-borghese del Ring si davano appuntamento all’Hotel Sacher, che si trattasse di ordire oscuri intrighi politici, di bere dell’ottimo Bordeaux o di amoreggiare in salette riservate con le flessuose danzatrici del balletto imperiale. Arthur Schnitzler era solito mangiare ostriche mentre disquisiva sul superamento del Naturalismo, Klimt si faceva vedere al Sacher-Garten in compagnia dello scultore Rodin, l’erede al trono Francesco Ferdinando firmava autografi sulle tovaglie e Gustave Malher passava spesso a trovare gli amici nei dieci anni che diresse l’Opera di Vienna. Ogni tanto faceva capolino con la sua splendida carrozza anche l’imperatrice Sissi, sebbene preferisse di gran lunga la Sacher torte del rivale Demel. Mentre un certo Sigmund Freud era solito congedare le sue pazienti consigliando loro, per distendersi i nervi, di prendere un tè nel salotto del Sacher riservato alle signore.
Ma a dirigere le danze di questo trionfo di intellettualità e di monarchia asburgica c’era Frau Anna Sacher, considerata l’equivalente femminile di César Ritz. «Il Sacher sono io e nessun altro», era uno dei suoi detti preferiti. Di intelligenza fulminea e piglio autoritario, con una predilezione per i sigari e il vizietto per le corse dei cavalli, aveva sposato Eduard Sacher, figlio dell’inventore della celebre torta (realizzata per la prima volta nel 1832 a casa del principe Metternich, in assenza del capo cuoco) e nel giro di pochi anni era stata così abile e intraprendente da trasformare un albergo in apparenza borghese in uno dei luoghi sacri della società viennese.
Fino a divenire una figura leggendaria della storia dell’hôtellerie. Le vicende di questo storico albergo, strettamente intrecciate a quelle della sua vita personale, sono raccontate da Monika Czernin in un libro appena uscito (Hotel Sacher. Ultima festa della vecchia Europa, Edt, pp. 344, euro 24), che rievoca egregiamente un’epoca solenne e sfavillante, di grande fascino, ma che finì tragicamente con l’inizio della Grande guerra, quando «in Europa si spensero le luci».