il venerdì, 27 novembre 2015
Quelle 1500 multe che la Francia ha fatto a chi portava il velo negli spazi pubblici
Poco prima che i jihadisti trasformassero in macelleria i locali della movida parigina,la Francia si interrogava sui risultati controversi di una legge non meno controversa, quella che vieta il velo islamico negli spazi pubblici. A cinque anni dall’entrata in vigore delle nuove norme, varate sotto la presidenza Sarkozy, il bilancio è oggi di circa 1500 multe – da 150 euro – su quasi altrettanti controlli. L’amministrazione Hollande lo ritiene un bilancio soddisfacente, mentre a giudizio della destra la legge – che ha ricevuto l’imprimatur della Corte europea per i diritti – resterebbe sostanzialmente disattesa. Farla rispettare è compito rognosissimo. «I miei colleghi ci pensano due volte prima di mettersi in situazioni difficili in certi quartieri» (leggi: banlieues), confessava a Le Monde un portavoce di Unità Sgp Police FO, sindacato maggioritario tra le forze di polizia e orientato a sinistra. «Con tutto il lavoro che abbiamo, è un problema mobilitare agenti per infrazioni di tale entità. Il gioco non vale la candela». Nel 2013, a Trappes, ovest parigino, il fermo di una donna in burqa aveva scatenato tre giorni di sommosse.
Oltre al burqa, la legge del 2010 – che estendeva quella di sei anni prima sull’ostensione dei simboli religiosi a scuola – vieta anche il niqab, cioè il velo che copre interamente il volto salvo gli occhi. È tollerato invece lo hijab, il fazzoletto sui capelli. Concordate tra Stato, consultori e associazioni territoriali – con tanto di pompose «ambasciatrici della laicità» – le campagne di sensibilizzazione pedagogica con le quali si voleva ammorbidire l’impatto sociale della proibizione hanno prodotto fino adesso effetti irrisori.
Numericamente il fenomeno delle donne velate rimane marginale, ma in certi casi il divieto innesca ulteriori radicalizzazioni. Il velo assume toni di sfida identitaria nei confronti di norme vissute come discriminatorie e punitive. Le inchieste sociologiche riferiscono di donne che scelgono di velarsi senza imposizioni delle famiglie o dei mariti. Lo fanno, dicono, perché solo in tenuta ortodossa si sentono «realizzate». Ma davanti alle nuove mode integraliste, il velo postmoderno o parafemminista, qualche anziana insorge: «Il niqab? Solo civetteria, esibizionismo».
Tra le musulmane incappate nelle contravvenzioni non mancano le recidive. Magari a pagare la multa al posto loro è Rachid Nekkaz, ineffabile milionario algerino contrario al velo ma anche al suo divieto «illiberale». Finora ha staccato un migliaio di assegni.