il Giornale, 27 novembre 2015
Pene leggere per i quattro ladri albanesi che ammazzarono a bottigliate il macellaio di Brescia. Secondo il giudice «non volevano uccidere»
Il mondo capovolto. Le vittime sul banco degli imputati a giustificare i proiettili esplosi per difendere la casa e la famiglia, i ladri e i rapinatori che scivolano fra le maglie della giustizia. Un copione che si ripete puntuale per gli assassini di Pontoglio, quattro feroci albanesi che uccisero con una bottigliata il macellaio Pietro Raccagni. Le condanne arrivate ieri a Brescia sono davvero poca cosa: fra i 13 anni e i 10 anni e 10 mesi, non di più e per omicidio preterintenzionale. Non volevano uccidere i criminali e in un certo senso la morte dell’uomo fu un incidente, comunque andò oltre le intenzioni dei banditi. Federica Raccagni, la vedova, è furiosa: «Forse sarebbe stato meglio avere un’arma in casa perché ci saremmo difesi. Meglio un cattivo processo che un bel funerale». Il processo in discesa l’ hanno invece avuto i malviventi che la notte dell’8 luglio 2014 penetrarono nella villetta di Pontoglio, in provincia di Brescia. Pietro, titolare di un’ avviata macelleria in Franciacorta, fu svegliato dal cane che abbaiava disperatamente. Il tempo di vestirsi e di correre a vedere cosa stesse succedendo. «Mio marito – ha raccontato la vedova al Giornale in un’intervista mi precedeva di qualche metro. Arrivato in tavernetta e superato un angolo si trovò davanti a quei balordi. Forse gridò e forse tentò una reazione, ma uno di loro prese una bottiglia e gliela spaccò con tutta la sua forza in testa. Pietro cadde morto, picchiando violentemente la testa per terra». Anche se la fine giunse dopo un’interminabile e penosa agonia di undici giorni.Il Tribunale di Brescia però ha valutato i fatti in altro modo, concedendo un trattamento soft agli albanesi, arrestati dopo un’indagine da manuale. Già, il pm aveva contestato l’omicidio preterintenzionale e non quello volontario, ritenendo insomma che la situazione fosse sfuggita di mano al quartetto che non voleva ammazzare nessuno. Questo spiega le pene relativamente miti, ancora più basse di quelle richieste dall’accusa. Certo, è inquietante che si contesti con una certa facilità l’omicidio volontario al gioielliere o al benzinaio di turno che hanno solo difeso la proprietà o la cassa dalla prepotenza di gente senza scrupoli e poi si ipotizzino reati meno gravi per rapinatori e assassini». La vita di un uomo protesta la signora Raccagni vale più di queste pene che sono basse». In particolare Vitor Lieshi, che colpì Raccagni, se l’è cavata con 12 anni. Ed è facile prevedere che presto sarà fuori.A fianco della vedova si schiera la Lega Nord. E Nicola Molteni, capogruppo del Carroccio alla Commissione giustizia della Camera, attacca frontalmente la magistratura bresciana: «L’ omicidio efferato di un uomo onesto meritava pene durissime, anzi esemplari. Invece fra pochi anni questi signori saranno liberi, vanificando il principio della certezza della pena».