Libero, 27 novembre 2015
In difesa di Marina Berlusconi
Quando trovo sensazionale un libro, spesso poi vende tre copie. Ho scritto una decina di libri, ma il mio preferito ha venduto meno di tutti. Non sto spiegando che sono un cretino o che sono Emil Cioran, ma che cultura e imprenditoria culturale (in senso ampio) viaggiano quasi sempre su binari diversi. Grandi scrittori si sono schiantati come editori. Grandi attori sono diventati modesti registi. Modesti giornalisti sono diventati grandi direttori. Verdi e Puccini furono lanciati da gente che non sapeva leggere la musica. Eccetera. Ecco perché apprendere che i «fuoriusciti Bompiani» hanno tacciato Marina Berlusconi di «incompatibilità antropologica» con la cultura, la quale «deve suonarle estranea come il sanscrito», questo perché «commerciare telenovelas e cultura non è la stessa cosa», beh, come dire: è roba che riporta indietro l’orologio di 25 anni, quando Berlusconi entrò a Segrate e qualcuno profetizzò che Mondadori era finita, signora mia. Invece sono finiti molti altri (Rizzoli compresa) e intanto Mondadori vendeva libri, non materassi. E vendeva i libri Einaudi e s’inventava i Saviano, non solo i libri di Ezio Greggio. Di autori censurati, infine, non abbiamo mai avuto notizia, anzi, la notizia è che Mondadori sta mettendo in piedi un polo editoriale (culturale) che possa competere con altri giganti europei. La notizia minore, invece, è che Mondadori non venderà Bompiani a Elisabetta Sgarbi: salvando entrambe l’una dall’altra.