Corriere della Sera, 27 novembre 2015
«Il consuntivo lo farò il giorno che smetterò. Per ora mi diverto un altro po’». Parla Claudio Ranieri, il mister aggiustatutto che ha portato il Leicester in vetta alla Premier
La caccia alle Volpi è aperta. A inseguirle una muta di cani dal nobile pedigree. Tra i più vicini c’è il Manchester United dell’olandese Luis Van Gaal, secondo in classifica e atteso domani al King Power Stadium. Lo «Stadio del Potere del Re» è quello del Leicester di Claudio Ranieri. A sorpresa le sue Foxes sono in testa alla Premier League, con un punto di vantaggio sui Diavoli Rossi dopo 13 giornate. Il 64enne tecnico romano è per tutti The Tinkerman, «aggiustatutto» in italiano, il «manager cambia modulo» in inglese.
Ranieri si riconosce di più nella traduzione italiana o nel significato britannico?
«In entrambi. Mi soprannominarono così al Chelsea perché cambiavo spesso modulo. Nel 2000 quando arrivai a Londra non c’era la cultura di ruotare i giocatori, ora è consuetudine. Mi piace anche aggiustare le situazioni. Vorrei continuare a essere un innovatore».
Dopo l’esonero con la Grecia è tornato in Inghilterra accolto da scetticismo, ora è in testa alla Premier con il Leicester. È una rivincita?
«Lo scetticismo fa parte di un mondo del calcio che giudica superficialmente. Ho sbagliato ad accettare la Grecia, ma ho fatto appena 14 allenamenti e mi hanno esonerato dopo il k.o. con le Far Oer e solo 4 partite. A Leicester ho dimostrato che non ero finito».
Domani c’è lo scontro con il Manchester di Van Gaal. Quando era al Valencia e lui al Barcellona l’ha battuto tre volte. Ci riprova?
«Certo, ma ogni partita è diversa. Se perdiamo non succede nulla e a questo match arriviamo con il cuore leggero, è un vantaggio. Pensiamo a fare 40 punti, una volta raggiunti possiamo cambiare obiettivo e puntare in alto».
Tra le sorprese del Leicester c’è l’attaccante Jamie Vardy, già 13 gol per lui e sempre a segno nelle ultime 10 partite. Domani con un’altra rete può eguagliare il record di Stan Mortensen del Blackpool che resiste dal 1951 e segnò in 11 gare consecutive. Che giocatore è Vardy?
«Uno che fino a cinque anni fa era nei dilettanti. Si sacrifica e segna, disponibile sempre: chi non vorrebbe uno così?».
Anche Batistuta, con lei allenatore alla Fiorentina, segnò nella stagione 1994-95 per 11 giornate consecutive. Vardy lo ricorda?
«Bati era un giocatore potente, Vardy è più uno che ti va a pressare e a dare fastidio».
Lei, un italiano, guida la Premier. Qual è la differenza più lampante con la serie A?
«I soldi. Qui li hanno, da noi meno. E i soldi portano i giocatori migliori e altri soldi. Poi qui quando parlano di progetto sanno quel che dicono, da noi cacciano gli allenatori... Il campionato inglese è bello, il più combattuto nelle posizioni di testa. Il nostro è il più tattico».
Nella serie A di oggi nessun allenatore ha mai vinto una coppa europea. L’involuzione è più colpa dei tecnici o dei dirigenti?
«Allegri ci è andato vicino a maggio. Da noi ci sono allenatori giovani e devono crescere, ma è difficile farlo in questa Europa, con squadre più attrezzate. I dirigenti parlano di progetto, poi non c’è la cultura e la pazienza di coltivarlo».
Lei ha allenato in Italia, Spagna, Francia e Inghilterra, anche squadre importanti. Quanto le pesa non aver mai vinto un campionato?
«Ho allenato club importanti è vero, ma bisogna ricordarsi in quale momento storico sono arrivato lì. Ho fatto sempre il massimo dove sono stato».
José Mourinho la stuzzicò su questo. Che rapporto c’è?
«Un rapporto tra colleghi. È stato tutto chiarito da tempo».
Lo scudetto non vinto con la Roma proprio contro l’Inter del Triplete lo rimpiange?
«Fu un dispiacere, ma non ho rimpianti sulla mia carriera. Il consuntivo lo farò il giorno che smetterò. Per ora mi diverto un altro po’».