la Repubblica, 27 novembre 2015
Gli skinheads contro la Caritas, discutiamone
«Gli skinheads contro la Caritas» sembra uno di quei fantastici titoli di B-movies del dopoguerra, tipo “Ursus contro Napoleone”, “Cesare contro i pirati” o l’insuperabile “Maciste contro Freud” sognato da Nanni Moretti. Invece e purtroppo è il sintomo – acuto – di un conflitto politico molto reale e molto duro, quello tra xenofobia e accoglienza. Il suprematismo “europeo” dei fascisti vede nel sostegno cattolico ai migranti un nemico perfino più detestabile della sinistra “radical chic” (l’altro bersaglio degli skinheads sono state un paio di sedi del Pd); perché la croce che assiste e soccorre non è quella agognata a destra, una croce da brandire come difesa identitaria contro l’invasione islamica, una cristianità “bianca” da opporre alla resa imbelle del multiculturalismo. E dunque il cristiano che apre le porte è, in quella visione, un traditore. Sotto la fiamma dell’estremismo che insulta e intimidisce c’è la foresta, ben più vasta, di una quota significativa di italiani che vive con profondo fastidio il solidarismo in questo momento largamente prevalente nella Chiesa. Papa Francesco è un bersaglio al tempo stesso troppo “alto” e troppo popolare per contestarlo apertamente; più facile prendersela con i preti e i volontari della Caritas che offrono assistenza ai diseredati senza chiederne la matrice nazionale o razziale, e lavorano nelle strade e nei quartieri in inevitabile, oggettivo antagonismo con la propaganda isolazionista dei fascisti e dei leghisti. Il confronto è territoriale, non solamente ideale. Un corpo a corpo tra accoglienti e respingenti che è solo alle prime avvisaglie.