la Repubblica, 27 novembre 2015
Gli Eagles of death metal vogliono tornare a suonare al Bataclan
Sono passate quasi due settimane dagli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, costati la vita a 129 persone. Gli Eagles of death metal, la band che stava suonando al Bataclan quando è iniziato l’inferno, è tornata a parlare. Lo ha fatto ai microfoni di Vice, a Los Angeles, cercando di ricordare quelle interminabili ore al Teatro di Boulevard Voltaire.
Cominciamo dal principio: il concerto è iniziato da un’ora, state suonando e arrivano tre uomini che iniziano a sparare.
(Risponde Joseph Castillo, batterista). «All’inizio credevo fossero gli amplificatori ma è bastato un attimo per capire che mi sbagliavo. Appena ho capito, Jesse è venuto verso di me e ci siamo spostati a bordo palco. Poi Boot ha notato che uno degli uomini aveva finito i proiettili e stava ricaricando l’arma, per cui siamo corsi via dal palco, verso i camerini. Ma siamo dovuti scendere subito dopo, perché ci siamo accorti che c’era uno degli attentatori».
E tu Matt (il bassista, ndr)?
Se non sbaglio tu sei rimasto chiuso in una stanza con i fan, vero?
«Sì. Quando hanno cominciato a sparare io ho buttato a terra il basso e sono rimasto per un attimo nascosto dietro i monitor. La prima persona che ho visto è stata Steve, il nostro tour manager, e dal suo sguardo ho capito che stavamo pensando la stessa cosa: di qui, cioè verso una stanza poco più in là, non c’è via d’uscita. Le gente però continuava a scappare dagli spari, proprio verso quella stanza. Allora ci sono andato anche io. Sono arrivato e ho visto gente sanguinante, che cercava di aiutare gli altri a salire. Abbiamo bloccato la porta con le sedie, e uno ha preso una bottiglia di champagne per usarla come arma di difesa. Gli spari sono continuati per altri 15 minuti, finché un’esplosione non ha fatto tremare le pareti».
Jesse (il cantante e fondatore, ndr), tu stavi cercando la tua ragazza Tuesday in quel momento, mentre gli altri scappavano. Dove sei andato?
«Non avendola vista a lato del palco sono salito verso i camerini. Ho aperto la porta e non c’era. Così ho aperto quella sul corridoio e mi sono trovato di fronte ad un uomo armato, che mi puntava contro il fucile. Allora mi sono girato, c’era della gente dietro di me che mi aveva seguito, e abbiamo cominciato a scendere. Arrivato all’uscita ancora non avevo visto Tuesday, ma poco dopo ho sentito la sua voce e ho capito che stava bene».
Cosa direste ai genitori dei vostri fan che sono morti?
(Risponde l’altro fondatore, Joshua). «Non lo so quale sarebbe la cosa giusta da dire (si commuove e abbraccia Jesse, ndr). Vorrei solo mettermi in ginocchio, e dire: sono a vostra disposizione. Forse è normale che non ci siano parole, forse non dovrebbero essercene. A tutti coloro che amano il rock, e anche a coloro che non lo amano, dico: unitevi a me. Sono fortunato, posso tornare a casa da mio figlio stasera. E non vedo l’ora di tornare a Parigi, vogliamo essere il primo gruppo che suonerà alla riapertura del Bataclan. I nostri amici sono venuti al Bataclan per ascoltare rock e sono morti. Io voglio tornare lì e vivere. Dobbiamo finire la tournée, perché è così che viviamo. Sta proprio qui il bello di quel che facciamo, è qualcosa che va oltre, che riguarda la condizione umana: vogliamo reclutare altra gente. Reclutarla, per prendere parte alla vita. Per essere cittadini di questa Terra».
(©Vice)