Avvenire, 26 novembre 2015
Pessoa era (anche) un pubblicitario
«La morte è la curva della strada, morire è solo non esser visto»: un verso che compendia in maniera aderente l’esistenza condotta da Fernando Pessoa (13 giugno 1888 – 30 novembre 1935) a Lisbona, città in cui ha sempre vissuto senza dimenticare un istante la solitudine di quell’angolo della strada dove il morire è soltanto un’assenza parziale, una visione annullata della propria presenza. Il passare inosservato fino a scomparire è stata la sua condanna e l’aspirazione segreta, essendo lui un poeta sconosciuto che ha pubblicato poco o nulla in vita, lasciando in eredità un baule stracolmo di opere inedite, attribuite ad autori fittizi – tutti alias dello stesso Pessoa, i suoi famosi eteronimi completi di una biografia individuale costruita ad arte – e ancora oggi in via di catalogazione. Sono molte le iniziative, editoriali e non, promosse in occasione dell’ottantesimo anniversario della morte. A Lisbona, la Casa Fernando Pessoa e la Fondazione José Saramago dedicano giornate di studio fino al 30 novembre, a due opere emblematiche: Il libro dell’inquietudine che Pessoa attribuisce al suo eteronimo Bernardo Soares; e L’anno della morte di Ricardo Reis, dove il premio Nobel Saramago ricostruisce l’ultimo ipotetico viaggio dal Brasile in patria, il Portogallo, dell’altro poeta inesistente sotto cui si è celato Pessoa: Ricardo Reis. In Italia, se sono già uscite per tempo gli avvincenti Fernando Pessoa. Una quasi autobiografia di José Paulo Cavalcanti Filho (Edizioni Anordest) e La vita plurale di Fernando Pessoa di Ángel Crespo (Bietti), sono invece di recente pubblicazione l’antologia poetica Sono un sogno di Dio (Edizioni Qiqajon) e Il libro dell’inquietudine nei Classici moderni Newton. In Spagna il quotidiano “El País” ha recensito ad agosto il volume di Luis Morales che descrive la passione – l’unica conosciuta – del poeta per Ofélia Queiroz, un legame controverso nato nel 1919 e durato un solo anno, per rinascere poi nel ’29 e perdersi di nuovo.
L’amore è un altro dei lati oscuri e poco scandagliati di Pessoa, al pari dell’attività parallela di ’creativo’ pubblicitario che lascia abbastanza esterrefatti i puristi della poesia. Eppure, nell’esistenza quasi anonima di Pessoa, che ha preferito alla carriera letteraria la professione di «corrispondente in lingue estere presso ditte commerciali», come egli stesso ammette, grazie alla perfetta conoscenza dell’inglese, la parentesi dell’impegno in campo pubblicitario non appare affatto una scelta secondaria o di ripiego. Dal ritorno in patria, dopo l’adolescenza trascorsa in Sudafrica, fino alla scomparsa, Fernando lavorerà in una quindicina di aziende specializzate per lo più in import/export.
A partire dal 1925, la sua attività si condensa nel settore della propaganda, con la coniazione di slogan mirati a promuovere determinati prodotti, un espediente avvertito come naturale e non distante dalla vocazione per la scrittura. Un approccio inusuale e poco canonico, che produrrà tra l’altro un testo all’americana, tanto disincantato quanto ricco di humour, finalizzato alla vendita della vernice per automobili della ditta Berry/Loid.
Esemplare invece la pubblicità per la Moitinho d’Almeida Lda, ditta presso la quale il poeta lavorò dal 1923 al ’35, che aveva ottenuto la rappresentanza della Coca Cola per il Portogallo. Lo slogan di Pessoa recitava: «Primeiro estranha-se. Depois entranha- se», ossia «Prima sorprende. Poi si manda giù», una frase che appariva così fuori dal comune da attirare, come ricorda Luís Pedro Moitinho d’Almeida, figlio del titolare dell’azienda e amico del poeta, i sospetti dell’allora direttore dell’ufficio della sanità di Lisbona. Il quale, pensando di trovarsi dinanzi a un prodotto tossico o a uno stupefacente, visto l’effetto efficacemente evidenziato dalla pubblicità, ne dispose l’immediato sequestro e il divieto di commercializzazione sul territorio nazionale. È il periodo buio della dittatura di Salazar in Portogallo: la bevanda americana farà la sua apparizione su quel mercato negli anni ’70, dopo la rivoluzione dei garofani che porterà la democrazia ponendo fine al governo assoluto di Caetano, successore di Salazar. Un periodo buio anche per il poeta, che si troverà sempre più vicino all’ultima curva della vita.