La Stampa, 26 novembre 2015
Panariello si mette a fare il serio per Calopresti
La resa dei conti di una grande amicizia, sullo sfondo di una città fascinosa e insondabile come Trieste, dove il ricordo di un passato seppellito con fatica riemerge impetuoso, come il vento, come il mare. Diretto da Domenico Calopresti, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Gaetano Savatteri (Sellerio – 2008), Uno per tutti prende le mosse da «un plot classico del cinema internazionale, un fatto del passato che si ripresenta ai suoi protagonisti ora adulti», ma lo sviluppa seguendo passioni e interessi del regista: «Il film è un po’ un apologo, per me era importante parlare di come certi cicli si ripetano, di come gli errori ritornino a galla, e di come, per raggiungere la vera maturità, sia necessario pagare il prezzo per gli sbagli compiuti».
La notte brava del figlio di uno dei tre amici, una rissa violenta e un ragazzo in fin di vita sono il motore del racconto, l’episodio che costringe gli ex inseparabili compagni a ritrovarsi faccia a faccia con i loro conti da saldare: «Ho scelto di raccontare la parte centrale della storia, quella che riguarda un gioco stupido, fatto da ragazzini, ispirato a un film di successo come Il cacciatore e finito in tragedia. Quel momento ha mutato le esistenze dei protagonisti e li ha legati per sempre».
Accanto a Fabrizio Ferracane (Gil) e a Thomas Trabacchi (Saro) recita, nei panni di Vinz, il poliziotto, un Giorgio Panariello inedito e drammatico: «Appena l’ho incontrato – racconta Calopresti – ho capito che dentro ha tante cose, un dolore pazzesco che lo attraversa. Sul set ha accettato le mie condizioni, è un allievo diligente, si meravigliava quando gli chiedevo di fare poco e niente, e ha portato al film qualcosa di potente».
Il ragazzo che deve pagare per la sua colpa è Lorenzo Baroni, un esordiente che lascia a bocca aperta per bravura, bellezza, incisività: «È una specie di James Dean italiano, mi è piaciuto subito molto, è potente». Il suo personaggio esprime uno dei temi che stanno a cuore a Calopresti: «I ragazzi di oggi hanno un problema di responsabilità, sono molto più viziati di come eravamo noi, e poi le grandi possibilità di comunicazione di cui dispongono finiscono per avvalorare in loro una visione irreale del mondo. Sono poco abituati al contatto diretto, a crescere per strada, e così succede che, quando si svegliano, capiscono che devono iniziare a vivere sul serio».
Con Uno per tutti Calopresti torna al cinema dopo un’assenza durata sette anni: «Esattamente l’età di mia figlia; invece di fare film, mi sono occupato di lei. E poi sono sempre a caccia di cose diverse, nuove». Il prossimo impegno dovrebbe essere un documentario su «una fabbrica di prodotti contraffatti, non solo alimentari».