La Stampa, 26 novembre 2015
Perché il governo Renzi non dice niente sui due giornalisti italiani processati dal Vaticano
Vatileaks 2 in bilico tra Italia e Santa Sede. «Ho mandato un messaggio a Matteo Renzi e non ho ricevuto risposta: silenzio sorprendente del governo sul processo a due giornalisti italiani in uno stato straniero», afferma Gianluigi Nuzzi, da lunedì alla sbarra in Curia col collega Emiliano Fittipaldi per i documenti segreti rubati in Vaticano e pubblicati nei loro libri. «Se fossimo accusati dello stesso reato in Corea del Nord, i nostri politici avrebbero criticato quel governo- aggiunge Nuzzi-. Invece sul Vaticano, che è molto più vicino e col quale abbiamo un rapporto storico, c’è un silenzio pneumatico.Situazione surreale».
L’attesa dei dicasteri
Nei ministeri competenti si attende di avviare il percorso legale. Ma sia alla Farnesina sia al dicastero della Giustizia si rimpallano le responsabilità. Non è «nostra competenza» spiegano a largo Arenula, mentre agli Esteri precisano che le «eventuali rogatorie competono proprio a loro». Comunque sia concludono dai ministeri: gli avvocati dei giornalisti non hanno sollecitato alcun interessamento presso le autorità italiane. «L’ambasciata presso la Santa Sede non ha trasmesso richiesta». Una spiegazione che non convince Fittipaldi: «Dietro il formalismo della burocrazia nascondono la volontà di tenersene fuori». I legali estromessi dal processo si appellano all’Unione delle camere penali. «Dopo i documenti rubati a Ratzinger, Francesco ha inasprito le pene ai corvi», spiega Francesco D’Agostino, presidente dei giuristi cattolici italiani (Ugci): «In Vaticano vige il vecchio codice penale italiano: e questo reato è un delitto contro la sicurezza dello Stato». Per applicare la legge agli italiani serve comunque una rogatoria internazionale. «Non si processa la libertà di informare i cittadini ed è improbabile che pene così gravi siano applicate e realmente scontate». Se i documenti riguardano gli interessi fondamentali si applica la reclusione da 4 a 8 anni. «Troppi. Scenario impensabile in Italia e inattuabile». Intanto un terzo giornalista viene tirato in ballo. È Paolo Mondani, di Report. «Nelle mille pagine del fascicolo c’è scritto che monsignor Vallejo Balda ha ammesso di aver incontrato, oltre a Fittipaldi e a Nuzzi, anche me. Confermo di averlo incontrato. Per lavoro ho avuto diverse fonti», commenta Mondani. Dal decreto di citazione a giudizio emerge che gli arresti dei corvi sono stati autorizzati personalmente dal Papa. In una conversazione agli atti l’ex consulente Francesca Chaouqui sembra intimidire Vallejo Balda: «Se continui a fare di testa tua con noi hai chiuso, sono stanca di farti da badante». Poi «l’autista serve perché gli altri vedano che sei protetto, se fai casino con la tua sicurezza e la tua protezione hai chiuso».
Intimidazioni al prelato
Erano così vicini che dopo averla conosciuta il prelato cambiò taglio dei capelli e cominciò a fasi lampade abbronzanti. Dalle carte emerge, infatti, un rapporto prima solidissimo poi degradatosi nel tempo, fino a evidenti intimidazioni da parte della pr. «Te lo dico per l’ultima volta, dopo lo dico al mio capo- avverte Chaouqui-. Tu non devi frequentare il centro e le periferie o fare pranzi di lavoro o andare in giro senza essere accompagnato. Se tu vai al centro così fai minchiate, se continui così fai casini e io non voglio gestire più altri casini». E in un’ altra conversazione lo mette in guardia: «Io ti conosco So bene quando vuoi mettere distanze. Ora vuoi metter distanza perché qualcosa ti fa male o ti dà fastidio».