La Stampa, 26 novembre 2015
Per la ventisettesima volta il Parlamento non riesce a eleggere i tre giudici della Consulta che mancano
Sulla carta c’erano un centinaio di voti in più di quelli necessari, compresi quelli dei verdiniani di Ala, tanto da indurre i vertici di Pd e governo a far mostra di ottimismo, fiduciosi che i margini per uscire dal guado senza i consensi dei grillini fossero ampi. Niente da fare, per la ventisettesima volta il Parlamento in seduta comune fallisce il suo mandato e non riesce ad eleggere i tre giudici della Consulta che mancano da mesi all’appello. Una sconfitta corale, perché malgrado l’esultanza dei 5Stelle per veder franare nell’urna i candidati frutto di «un inciucio» Pd-Forza Italia-centristi, a perdere è sempre l’immagine delle Camere e di tutta l’istituzione nel suo complesso, paralizzata dal gioco dei veti incrociati. L’ennesima fumata nera – «un fatto grave» che mina il funzionamento della Corte, dicono Grasso e Boldrini, pronti a riconvocare a breve le Camere riunite – certifica la vittoria dei franchi tiratori: oltre un centinaio, che impallinano i tre candidati frutto dell’accordo bipartisan con gli azzurri: al costituzionalista bolognese sostenuto dal Pd, Augusto Barbera, vanno 536 voti, 35 in meno del quorum richiesto di 571; all’ex presidente della Commissione Affari Costituzionali, Francesco Paolo Sisto, di Fi, 511 voti; 492 al presidente dell’antitrust Giovanni Pitruzzella, voluto da Scelta civica; 140 al candidato M5S, Franco Modugno.
Minoranza Pd nel mirino
Come ovvio a finire nel mirino è il partito di maggioranza: perché sul nome di Barbera, la minoranza storceva il naso per via delle sue posizioni troppo filo-renziane in difesa delle riforme del governo. Motivo per cui la sinistra di Sel non lo ha votato. Per non dire dei maldipancia venuti a galla ieri mattina alla riunione del gruppo Pd, dei tanti che si sentivano costretti obtorto collo a votare un berlusconiano come Sisto. Tanto che nelle ore di massima allerta la faccia tesa del capogruppo Rosato la diceva lunga; anche se alla fine i renziani duri e puri difendono un risultato sul filo per Barbera «che la prossima volta ce la farà». «Noi abbiamo votato compatti la terna», garantisce alla fine il bersaniano Zoggia, raccontando che Speranza ha chiamato uno ad uno i suoi della minoranza per dirgli di non fare scherzi, perché non è una fase in cui dividersi.
I grillini gongolano
Ma nel Pd molti lamentano una gestione azzardata, perché in un sistema tripolare senza un accordo con i 5stelle sarà difficile superare un quorum così alto. E infatti loro gongolano. «L’inciucio perde, vi servono i nostri voti, ma dovete fare nomi diversi che non siano soldati di partito e professionisti della politica», avverte Toninelli.
«Il Pd ha fatto il suo dovere, i giochetti di 5stelle e di altre forze li lascerei da parte perché stiamo parlando della Consulta e non di una bocciofila», dice Walter Verini, mandato in tv a difendere la posizione dopo un consulto tra i vertici. Ma nello scaricabarile generale, il Pd punta molto i riflettori su Forza Italia, che con le sue spaccature avrebbe impallinato Sisto, «i fittiani non lo volevano e i falchi azzurri hanno voluto rompere una riedizione del Nazareno». E sui centristi, perché i 56 voti del docente barese Gaetano Piepoli di Per l’Italia, fanno pensare a rappresaglie contro il candidato sostenuto da alfaniani e Scelta civica. Un gran caos da cui si proverà a uscire con un altro round (martedì prossimo alle 13), puntando sempre sulla stessa terna di candidati.