La Stampa, 26 novembre 2015
Le vere armi di Putin sono gas e rublo
Dimentichiamo troppo spesso che l’orso russo non è dotato soltanto di artigli militari, ma anche di artigli economici; che dispone di riserve finanziarie di grandi dimensioni che gli permettono di affrontare con relativa tranquillità l’attuale fase di prezzi bassi del petrolio; che Mosca non ha soltanto nemici nel mondo – e in particolare in Asia – come certe analisi sembrano far credere – ma anche amici, sia pur tiepidi.
È precisamente in virtù di questa forza economica, troppo spesso sottovalutata, che nella giornata di ieri Mosca ha chiuso i rubinetti del gas all’Ucraina, mentre nelle stesse ore per il gigante petrolifero russo Rosneft si sono aperti i rubinetti finanziari: oltre quindici miliardi di dollari, secondo quanto afferma il «Financial Times», sono affluiti nelle sue casse, presumibilmente come pagamento anticipato da parte dei cinesi di future forniture petrolifere e sicuramente come segnale cinese di solidarietà a una Russia probabilmente meno in difficoltà di quanto non appaia.
Sarà forse un caso, ma da settembre il cambio del rublo con l’euro mostra un lento rafforzamento: l’Europa non può a cuor leggero rinunciare al mercato russo e certamente questa scelta sarebbe difficile per la Germania e per l’Italia.
Le sanzioni contro la Russia stanno costando a ciascuno di questi due Paesi almeno lo 0,2-0,4 per cento del tasso di crescita del loro prodotto lordo, solo in parte compensate da un buon andamento delle vendite negli Stati Uniti.
L’Ucraina ha risposto al blocco delle forniture del gas russo bloccando il proprio spazio aereo ai velivoli russi di ogni tipo. Se si continuasse su questa strada, la Russia, per ritorsione potrebbe chiudere, o anche solo limitare, l’uso del proprio spazio aereo ai voli civili occidentali con conseguenze economiche potenzialmente disastrose per l’Europa: la Cina, l’India e il Giappone sarebbero improvvisamente più lontani, il grande mercato globale che – sia pure con sussulti e contraddizioni – sta facendo uscire dalla povertà una parte non piccola del mondo potrebbe rapidamente avvizzire.
Per questo si pone l’interrogativo su fino a che punto l’Europa intende sostenere la linea americana di duro sostegno all’Ucraina, alla quale il Fondo Monetario Internazionale ha concesso prestiti estremamente elevati, sostanzialmente senza condizioni, mentre la Grecia ha ottenuto da questo stesso organismo internazionale un trattamento molto meno favorevole.
La risposta russa alla Turchia potrebbe risultare estremamente dura in termini economici, senza necessariamente spostarsi sul terreno militare. Una parte importante del futuro sviluppo economico turco si gioca infatti nell’Asia ex-sovietica, ossia in Paesi in cui l’influenza politico-economica di Mosca continua a essere molto rilevante. L’espansione commerciale di Ankara potrebbe essere abbastanza facilmente bloccata da un’azione congiunta russo-cinese con un prevedibile inasprimento delle tensioni interne del Paese.
Va inoltre considerato che il programma di costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti mediante i quali gli idrocarburi provenienti dalla Russia arriveranno nei prossimi decenni sui mercati europei è stato da poco modificato in senso favorevole alla Turchia. Potrà la Turchia davvero sbattere la porta in faccia a questo tipo di futuro, dopo che l’ingresso nell’Unione Europea le è stato di fatto negato?
Nelle ultime settimana in Occidente molti hanno guardato alla Russia soprattutto dal punto di vista militare, ossia come il Paese che ha mandato i propri soldati in Siria, ossia là dove né gli americani né gli europei vogliono «mettere i propri stivali», secondo il termine usato dal presidente Obama in un importante discorso sulla strategia militare degli Stati Uniti. Entrambi si limitano a bombardamenti, a quando sembra fino a non molto tempo fa non molto efficaci e neppure troppo intensi. In realtà l’Occidente, e l’Unione Europea in particolare devono compiere valutazioni congiunte di tipo militare per quanto riguarda l’intervento in Siria e di tipo economico per quanto riguarda gli effetti il sostegno all’Ucraina e le sanzioni alla Russia. I tempi nei quali potevamo disinteressarci di tutti questi «Paesi lontani» sono davvero finiti.