Corriere della Sera, 26 novembre 2015
Il ladro ucciso dal gioielliere era un ergastolano evaso due volte
L’assassino ergastolano si prendeva gioco di cacciatori e prede. Con un ghigno di sfida sorrideva nelle foto segnaletiche; e forse con uguale sprezzo, convinto d’essere il più forte e il più furbo, aveva scelto per l’ennesimo colpo un luogo che conosceva. Che aveva frequentato. Tra queste ville con piscine e palme, in questo paese con strade strette e a fondo chiuso, in questa insicura e ristretta geografia residenziale a venti minuti da Milano, Valentin Frrokaj avrebbe trascorso una parte della lunga latitanza.
Dopo la seconda, cinematografica evasione (dal carcere Pagliarelli di Palermo, il 7 maggio 2014, calandosi con un lenzuolo), il 37enne albanese si sarebbe nascosto anche a Rodano, dove martedì, poco prima delle 21, in via Matteotti, nella frazione di Lucino, è stato colpito da un unico proiettile, letale, vicino al cuore, esploso dalla Glock di Rodolfo Corazzo [su questo leggi anche Il fatto del giorno].
Il 59enne commerciante di gioielli è stato tenuto in ostaggio per un’ora e venti minuti nell’ampia villa a due piani, insieme alla moglie e alla figlia di 11 anni. Fonti investigative rivelano che in questi mesi di caccia all’evaso, gli investigatori si sarebbero concentrati su diverse località della provincia di Milano, come Rodano (vicino a Segrate) o Binasco, al confine con la provincia di Pavia.
Lo inseguivano in tanti. Prima di Palermo, nel 2013, era evaso anche dalla prigione di Parma. Ma, sempre protetto da un cordone di complici abili e veloci nel cambiargli covo a ogni minimo segnale di «pericolo», Frrokaj, un metro e ottanta d’altezza, uno dei più pericolosi banditi albanesi in circolazione, era riuscito a salvarsi. Era sospettato di essere il capo di una «batteria» che negli ultimi mesi ha messo a segno violente rapine in zona. Gruppi «eterogenei» ma forse in collegamento. In un contesto criminale che vede la malavita albanese conquistare rapidamente «pezzi» di territorio lombardo: dallo spaccio di droga allo sfruttamento della prostituzione, con vendette e spartizioni. Tanto che si cerca di verificare se esista un legame tra la banda di Frrokaj e quella della rapina, ugualmente tragica, del 20 ottobre a Vaprio d’Adda quando il pensionato Francesco Sicignano uccise il 22enne Gjergi Gjoni durante un tentativo di furto nella sua casa.
I due complici di Gjoni sono ancora in fuga. Si dice che siano tornati in Albania con la protezione di un uomo influente nella comunità albanese di Milano, un imprenditore forse vicinissimo anche a Frrokaj. Martedì hanno agito in tre. L’ergastolano è morto nel conflitto a fuoco sulle scale che portano al garage della villa: «Ho preso la pistola quando ho capito che volevano altro. Ma io avevo già consegnato tutto» ha raccontato Rodolfo Corazzo al pm Grazia Colacicco. Il commerciante, assistito dal legale Pietro Porciani, per il momento non è indagato. Il procuratore aggiunto Alberto Nobili ha chiarito che la ricostruzione dei carabinieri e le testimonianze raccolte fanno pensare alla «legittima difesa». Corazzo, dopo aver sparato un colpo contro il muro per intimorire i rapinatori, è stato sfiorato dai proiettili esplosi da Frrokaj con una 357 Magnum rubata dalla sua collezione. Poi altri due spari, e l’albanese ferito al cuore. In Procura non viene esclusa un’iscrizione nel registro degli indagati per il commerciante. Ma a scopo cautelativo. Per dare la possibilità al suo legale di nominare consulenti in vista dell’autopsia.
Ieri i carabinieri di Monza e del comando provinciale di Milano sono tornati nella villa di via Matteotti, sotto sequestro. Le indagini proseguono: si cercano i complici, fuggiti forse attraverso i campi, e non si esclude il ruolo di un «basista» o quantomeno di una persona bene oppure mal informata su eventuali oggetti preziosi, custoditi in qualche angolo nascosto della villa di Corazzo.