la Repubblica, 26 novembre 2015
Ammazzare un ladro nella propria casa è lecito, ma evitate di esultare, per favore
A cadavere caldo, anche se il cadavere è quello di un ladro, bisognerebbe portare rispetto, parlare a bassa voce e non twittare frasi di giubilo, come capita a qualche politico da saloon. Ammazzare un ladro per eccesso di legittima difesa non è un atto di giustizia, è un’atroce disgrazia. Su questo punto si dovrebbe essere tutti d’accordo, a meno che si sia favorevoli alla privatizzazione della pena di morte. Di conseguenza, gli ammazzaladri non si ergano a giustizieri, abbassino lo sguardo e stiano alla larga dai talk-show compiacenti. Quanto alla tifoseria opposta, meno rumorosa ma altrettanto tenace nei suoi pregiudizi, urge una riflessione. Un rapinatore in casa non attenta solo alla “roba”. Attenta alla persona, alla sua sicurezza, alla sua integrità fisica e psicologica. La violazione di una casa è la violazione delle persone che ci abitano. Chi reagisce fuori misura non può essere trattato come un assassino o come un esaltato. Deve essere trattato come una persona che per rimediare a un reato ne ha commesso un altro. Possibile che non si riesca a trattare questi casi con pietà e misura? Possibile che ci si debba dividere, con ridicola foga, in “amici del ladro” e “amici del giustiziere”? Ci sono storie, ci sono spaventi, ci sono dolori che non sono riassumibili in un’alzata di spalle o in uno sciocco anatema. Non si sbandiera un morto come un cencio, né per farne una vittima innocente né per farne un parassita da eliminare. Esiste il grigio, in mezzo al bianco e al nero. Abbiamo il dovere di testimoniare anche il grigio.
[sul caso del ladro ucciso leggi Il fatto del giorno].