Corriere della Sera, 25 novembre 2015
In Tunisia è stato proclamato lo stato d’emergenza
Attacco agli uomini del presidente, a Tunisi. Almeno dodici agenti del reparto d’élite responsabile della sicurezza del capo di Stato sono morti e altri venti sono rimasti feriti ieri nell’esplosione provocata probabilmente da un kamikaze, al passaggio del loro furgone in una delle principali arterie della capitale tunisina, l’avenue Mohamed V.
Il Paese ripiomba così nel clima di angoscia e desolazione che non lo ha abbandonato tutto l’anno dal 18 marzo scorso, quando 22 persone, in maggioranza stranieri, furono uccise da un gruppo di jihadisti al Museo del Bardo; e poi ancora il 26 giugno, quando un terrorista sparò a caso sui turisti al sole lungo la spiaggia e in un hotel di Port El Kantaoui, sulla costa di Sousse, falciandone 38, prima di essere raggiunto ed eliminato dalla polizia.
Per la terza volta in otto mesi, il terrorismo colpisce selvaggiamente il Paese, l’unico che ha intrapreso la via della democrazia dopo le cosiddette «primavere arabe», ma questa volta senza puntare nel mucchio: l’obiettivo scelto dai terroristi sembra essere una risposta beffarda all’annuncio delle autorità, nelle scorse settimane, di aver smantellato tutte le cellule che avevano pianificato gli attentati alle stazioni di polizia e ai resort di Sousse, a 150 chilometri da Tunisi.
Proprio negli ultimi giorni i tunisini erano stati anche ufficialmente informati dell’innalzamento delle misure di sicurezza, con l’afflusso di rinforzi tra agenti e militari. L’esplosione di ieri pomeriggio in pieno centro ha demolito in un istante le speranze che la situazione fosse sotto controllo: le strade del centro, inclusa la vicina e popolata Avenue Habib Bourghiba, sede del ministero dell’Interno, sono state sigillate; isolati dalle forze dell’ordine anche gli ingressi alle zone turistiche di Yasmine Hammamet, e posti di blocco sono stati istituiti per perquisire tutte le auto di passaggio nella zona.
Il presidente Béji Caïd Essebsi è comparso brevemente in tivù per cercare di rassicurare i cittadini e proclamare lo stato d’emergenza per un mese, con il coprifuoco «fino a nuovo ordine» nella capitale e nei comuni limitrofi, dalle 21 alle 5 del mattino.
Vicino al luogo dell’esplosione che ha travolto il bus delle guardie presidenziali c’è anche la sede del Rassemblement Constitutionnel Démocratique (Rcd), il Raggruppamento costituzionale democratico, fondato dall’ex presidente Ben Ali.
Per i jihadisti dell’Isis, che riescono senza troppe difficoltà a infiltrarsi attraverso la lunga frontiera con la Libia, la Tunisia rappresenta l’odiata possibilità di occidentalizzazione e laicità che si stanno sforzando di demolire nel Maghreb e in Medio Oriente. Tunisini salafiti si sono arruolati nei ranghi del Califfo e potrebbe essere uno di loro, tornato in patria dopo l’addestramento, ad avere colpito ieri pomeriggio gli agenti della sicurezza del presidente.