Avvenire, 25 novembre 2015
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Il fenomeno Paolo Nespoli, che festeggerà i sessant’anni nello Spazio
Astronauta dal 1998, e ha già trascorso 174 giorni e 9 ore nello spazio. E ora è pronto per la sua terza, grande sfida tra le stelle. Paolo Nespoli, uno dei quattro astronauti italiani dell’Agenzia Spaziale Europea in servizio attivo, di recente è stato ufficialmente assegnato al suo terzo balzo tra le stelle. Nespoli ha già iniziato la preparazione per la sua missione. A Houston (e in seguito a Mosca), è già iniziato un conto alla rovescia che porterà al lancio della sua prossima “Expedition” sulla Iss, la Stazione Spaziale Internazionale. Data del lancio: maggio 2017. Veicolo spaziale: una Sojuz nuova, la versione Ms. Abbiamo incontrato Nespoli a Milano. La prossima missione, con partenza dal cosmodromo di Bajkonur, in Kazakhstan, nel maggio 2017, prevede altri sei mesi in orbita, per la terza missione di lunga durata dell’Agenzia spaziale italiana, che presenterà il programma scientifico della missione tra alcuni mesi. Sarà la “Spedizione 52-53” sulla Stazione Spaziale, e i compagni di missione di Paolo saranno il comandante russo Fijodor Yurchikhin e l’astronauta Nasa Jack Fischer. Partiranno dalla base di Bajkonur con una navicella in parte rinnovata e modificata, la Sojuz MS-05. «Sono orgoglioso e onorato di ritornare in orbita con la bandiera italiana e con il logo dell’Asi – dice Nespoli spiegando quando è nata l’idea di tornare in orbita –. Tutto è iniziato alla fine dello scorso anno. Il presidente dell’Asi, Roberto Battiston, mi ha chiamato per chiedermi la disponibilità di tornare in orbita. Difficile dire di no...».
La missione prevede, come già nel 2011 per Nespoli, nel 2013 per Parmitano e lo scorso per Samantha Cristoforetti, una permanenza di sei mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale con un nutrito programma di esperimenti scientifici e tecnologici da condurre in orbita, sia autonomamente dall’astronauta italiano, sia in collaborazione con gli altri membri dell’equipaggio.
La sua prossima Sojuz, sarà una navicella rinnovata?
«Sì – spiega Nespoli –, è la Sojuz S, l’ultima versione della ormai longeva e versatile navicella russa. Esteticamente è uguale alle altre: compatta e minimale. Migliorati, invece, l’elettronica e il software di bordo, con una maggiore at-È tenzione all’integrazione ed utilizzo dei dati acquisiti dai vari sistemi satellitari di posizionamento. Ben presto la proveremo nel simulatore a StarCity, al Centro di addestramento dei cosmonauti nei pressi di Mosca».
I satelliti fanno parte di un settore che forse ha meno visibilità delle missioni umane nello spazio, ma rivestono un ruolo di primaria importanza per chi sta sulla Terra.
«Certamente. Le nostre missioni hanno maggiore visibilità – dice l’astronauta italiano – perché c’è il fattore umano. Ma i satelliti per telecomunicazioni ci hanno cambiato la vita in meglio. E le reti satellitari sono molto presenti nella nostra vita quotidiana: dalla scatolina magica della nostra auto, che è il navigatore satellitare al nostro telefono cellulare, fino all’osservazione della Terra e il telerilevamento. Tutto è ormai indispensabile per la nostra vita quotidiana, e questa mostra ha lo scopo di far conoscere al grande pubblico questo importante settore della tecnologia spaziale».
Tecnologie satellitari tradotte in 30.000 applicazioni per i satelliti che aiutano a ottimizzare i trasporti, l’efficienza del settore agricolo e ittico, proteggere l’ambiente e migliorare la nostra sicurezza...
«In particolare, la rete satellitare di posizionamento Galileo che darà un’alternativa al Gps americano – aggiunge Nespoli – Oltre che a far avanzare la nostra tecnologia, con Galileo saremo più indipendenti e questo ci apre nuove possibilità. La stessa rete americana, dopo l’avvio del progetto europeo, è stata aperta a maggiori utilizzi in ambito civile. Quindi, una sana concorrenza...».
Andrà in orbita a 60 anni compiuti, se il lancio verrà confermato nel maggio 2017. È molto pesante questo fattore?
«A me personalmente no. Anzi, penso sia stata una decisione giusta quella di utilizzare efficacemente le risorse a disposizione del nostro paese e continuare la rotazione stabilita tra gli astronauti italiani. D’altronde, nella selezione degli equipaggi l’età non è uno dei fattori che contano, così come colore della pelle, la religione o la nazionalità. Infatti, una volta passate le qualifiche mediche, uguali che uno abbia 30 o 60 anni, la differenza la fanno le qualifiche, le competenze e l’esperienza. E pesa tanto l’aver dimostrato di poter lavorare efficacemente per 6 mesi, in un luogo isolato e confinato fuori dal mondo, in armonia con il resto dell’equipaggio e in concerto con i centri di controllo a terra. Tutte cose da non dare per scontato».
Va in orbita per la terza volta. Le tue precedenti esperienze le hanno fatto vedere la Terra e lo spazio che ci circonda in modo diverso? Le fanno pensare a come il cosmo è stato creato?
«A bordo della Stazione Spaziale puoi osservare il mondo in un modo del tutto diverso, lo vedi come non lo hai mai visto prima e di fronte ad una tale, straordinaria bellezza diventa quasi impossibile non domandarsi da dove viene? È un’esperienza davvero molto forte, ti accorgi che è possibile fare cose ’impossibili’, e allo stesso tempo pensi che, nonostante l’impresa, non hai molto poco rispetto all’universo che ti sta attorno».