D - la Repubblica, 21 novembre 2015
L’abolizione della politica del figlio unico in Cina è una farsa. Parola di una scrittrice cinese
L’abolizione dopo quasi quarant’anni della “politica del figlio unico” annunciata in Cina ha molto colpito l’opinione pubblica in Occidente e riaperto una discussione mai risolta: considerata disumana sia in America che in molte società religiose, nel mondo degli ambientalisti e dei Verdi il divieto di avere più di un figlio per coppia era visto invece come un mezzo efficace per combattere il sovrappopolamento: un pericolo per il pianeta, oltre a una causa che concorre alla povertà, al calo del costo della manodopera e al deterioramento della qualità dell’istruzione.
Da cinese e da scrittrice, la mia opinione sul punto è più articolata. Tutti i protagonisti dei miei ultimi romanzi in effetti sono figli unici, e talvolta (come nel caso del mio ultimo La Cina sono io e del precedente, Venti frammenti di gioventù vorace) non hanno nemmeno i genitori. È naturale: pur avendo io un fratello nato negli anni Settanta e due genitori, i personaggi che creo si basano sulla realtà cinese. Ma le mie scelte letterarie nascono soprattutto dalla mia fantasia di scrittrice, e che i miei eroi letterari, come Peter Pan, Oliver Twist o Heidi, siano immancabilmente figli unici, è probabilmente altrettanto importante per i miei personaggi della politica demografica in vigore fino a ieri.
Il fatto è che la condizione del figlio unico anche negli ultimi decenni non è stata tanto rappresentativa della società cinese quanto può apparire da lontano. A dispetto della scelta politica generale, il divieto di avere più di un figlio non è mai stato esteso a tutta la Cina. Chi conosce bene la nostra storia sa che la regola riguardava esclusivamente le coppie che risiedevano nelle città, mentre nelle campagne avere più di un figlio era consentito, soprattutto se il primo nato non era maschio o se la famiglia in questione possedeva terreni agricoli sufficienti. Ciò significa che in Cina di fatto sono nati più figli di quanti la politica del figlio unico avrebbe dovuto produrre. Negli ultimi decenni, poi, anche alle coppie residenti nelle città è stato consentito avere due bambini, a patto che entrambi i genitori fossero figli unici (e certo, dopo il rigore nell’applicazione della legge nei primi anni molti giovani donne e uomini lo sono). Ecco perché nelle strade della Cina si vedono tanti bambini, a differenza di quanto accade in Germania e in altri Paesi occidentali. Sull’aspetto politico generale della questione, essendo semplicemente un’artista, non ho un’opinione netta. Ma se le cose in Cina già ora sono un po’ diverse da come appaiono, inviterei a riflettere oltre la propaganda, che non mi piace: se le popolazioni di India e Cina continueranno a crescere come in passato, il mondo potrebbe diventare un luogo davvero problematico, con l’esaurimento di risorse limitate quali il petrolio, il cibo e l’energia. Ecco perché non sono molto favorevole alla propaganda occidentale che si oppone ad alcune politiche cinesi, salvo preoccuparsi dei numeri della popolazione cinese in crescita quando si parla di emigrazione.
In quanto ambientalista, posso invece affermare che la politica del figlio unico rispecchia il mio modo di pensare riguardo al precario equilibrio tra il mondo degli uomini e il mondo naturale. Ci preoccupiamo di porre i valori umani al centro dell’intero universo, mentre l’ambiente è sull’orlo del collasso. Per non parlare della morte di tutte le altre specie animali.
Credo che si stia spesso considerando l’argomento da una prospettiva sbagliata. Ciò che conta davvero, nella vita delle persone, riporta all’amore familiare e al sistema scolastico. Non vedo perché un figlio unico, a patto che riceva affetto e un buon livello di istruzione, debba rappresentare un problema. Sarebbe più saggio, al di là dei divieti e della loro abolizione, ricostruire le nostre comunità basandole su uno stile di vita collettivo, un’esistenza che non si fondi esclusivamente sull’unità familiare (che è spesso egoista e assai limitata), bensì su una grande comunità sociale fatta di amici e persone. Solo un atteggiamento di questo tipo può permetterci anche di accogliere la cultura degli immigrati, di accettare una struttura famigliare di tipo non tradizionale e qualsiasi stile di vita del mondo moderno.
(Traduzione di Marzia Porta)