MilanoFinanza, 25 novembre 2015
La Svizzera dice no all’Italia per il rientro dei capitali dei Riva. Il tribunale di Bellinzona si è rifiutato di consegnare un miliardo di euro che era destinato all’Ilva
Il tribunale federale di Bellinzona (Svizzera) ha deciso di non consegnare all’Italia oltre un miliardo di euro che era stato sequestrato nella Confederazione Elvetica ad alcuni rappresentanti della famiglia Riva, annullando la precedente decisione in materia del pubblico ministero del Canton Zurigo «a causa di vizi particolarmente gravi», come ha indicato lo stesso tribunale di Bellinzona tramite un comunicato.
La sentenza di 80 pagine è datata 18 novembre 2015 ma è stata resa noto solo ieri. In estrema sintesi, il tribunale di Bellinzona ha ribaltato la precedente decisione della Procura di Zurigo in quanto la vera motivazione delle autorità italiane per lo sblocco delle somme non è penale ma finalizzata a raggiungere altri scopi. Inoltre, allo stato quei fondi risultano essere solo «presumibilmente, e non manifestamente, di origine criminale», quindi si potrebbe arrivare a un’assoluzione degli indagati cui sono stati sequestrati e «non esiste una dichiarazione di garanzia delle autorità italiane secondo la quale le persone perseguite, se dichiarate innocenti, non subirebbero nessun danno». Bisogna ricordare che lo scorso maggio il tribunale di Milano aveva sbloccato 1,172 miliardi di euro sequestrati nel maggio 2013 (nell’ambito dell’inchiesta dei pubblici ministeri milanesi Stefano Civardi e Mauro Clerici) ai fratelli Emilio (deceduto l’anno scorso) e Adriano Riva e a due loro consulenti accusati di truffa ai danni dello Stato e di trasferimento fittizio di beni. Nel decreto del giudice di Milano si applicava quanto previsto dalla legge cosiddetta Salva-Ilva, che prevede un sofisticato meccanismo tecnico per permettere al colosso siderurgico italiano in amministrazione straordinaria di utilizzare quei fondi, sequestrati ai Riva e sbloccati, e destinarli al risanamento e al rilancio dell’azienda, applicando tutte le prescrizioni del Piano Ambientale. L’ordinanza del giudice era stata inoltrata dalla Procura di Milano a quella di Zurigo, che a sua volta aveva dato l’ok al rientro dei soldi in Italia e aveva notificato il provvedimento alla banca Ubs di Lugano, dove le somme erano custodite. A quel punto l’istituto di credito avrebbe dovuto far rientrare i fondi in Italia in modo che venissero impiegati, come prevede appunto la norma Salva-Ilva, per la sottoscrizione di obbligazioni da parte dell’azienda di Taranto. Due figlie di Emilio Riva, però, nel frattempo hanno presentato un ricorso in Svizzera per bloccare il provvedimento con il quale la Procura di Zurigo aveva dato il via libera al rientro dei soldi. E il Tribunale federale di Bellinzona ha dato ragione alle figlie dell’industriale lombardo. (riproduzione riservata)